venerdì 20 dicembre 2013

Il binario morto


 
Deviare per evitare la fine della corsa
 
 
Ben trovati.  Questo che mi appresto a scrivere è un post che avevo promesso fin dall'inizio. Le motivazioni che mi portarono a mettere da parte il ciclismo. Ho tentennato un po' perché in fondo non credevo potesse importare molto.

Invece, oggi un ragazzo mi ha contattato su facebook facendomi i complimenti per il blog (grazie mille) e chiedendomi proprio spiegazioni sulla sopradetta decisione.

Una corda si logora a lungo, le sue fibre si stirano, si sfilacciano, ma solo quando l'ultima di esse si strappa, il carico crolla. Il logorio di anni si concretizza in un istante  

Allora;  iniziamo dal principio.

Mi sono avvicinato al ciclismo all'età dei 14 anni. Il perché  non l'avessi praticato precedentemente  sta nel fatto che nella mia provincia le società giovanili sono poche e lontane da casa. L'essere figlio di due genitori, lavoratori a tempo pieno, e quindi impossibilitati a scarrozzare i figli ha fatto il resto. Iniziai così a pedalare con 2 o 3 amici compaesani. Gli impegni scolastici, una mia sensazione di inadeguatezza, ed una certa chiusura dell'ambiente del ciclismo fecero sì che il mio luogo di formazione fu quello delle granfondo, e non, come sarebbe opportuno, quello delle categorie federali  giovanili. Ma più crescevo più sentivo il bisogno di questo confronto, un confronto duro, con ragazzi della mia età ma molto più esperti e formati di me, con basi più solide e forti. Il sogno di correre nella categoria dilettanti (under 23 ed elite) si concretizzò a 21 anni, mentre stavo frequentando l'Università. Furono 2 anni duri e bellissimi al contempo. Perché solo due anni? Perché i sacrifici di allenarsi e studiare, facendo il pendolare, incominciavano ad essere troppi. Capii che il fatto di essermi approcciato al ciclismo agonistico così in "tarda età" comportava di per se limiti importanti. Inoltre, sarà forse una scusante, ma non fui nemmeno molto fortunato, ne trovai gente disposta a darmi una mano.

Come mi disse un mio caro amico al tempo di quella decisone:- " Elia, per essere corridori ci vogliono un certo numero di cose; tu ne hai diverse, ma te ne mancano tante altre". Aveva ragione. Preferii concludere il corso specialistico. Il ciclismo non poteva essere altro che una passione.

Seguirono 2 anni e mezzo, ancora a pedalare, di nuovo nelle granfondo. Due anni bellissimi, ogni fine settimana a correre in giro per l'Italia, due anni caratterizzati anche da sacrifici (come è naturale per lo sport), da qualche illusione, molte amarezze per il passato e diversi sorrisi per il presente.

L'epilogo.  Arriviamo così a Venerdì 28 Giugno 2013. Una importante ed impegnativa granfondo si era conclusa la domenica precedente, con una buona soddisfazione da parte mia, un'altra bella, lunga e dura gara mi aspettava quella domenica ad Urbino. Purtroppo il filo era stata stirato troppo da troppi mesi e si spezzò. L'insonnia cronica pre gara, un modo un po' troppo ansioso di vivere la quotidianità, una frequente melanconia, ne erano stati i campanelli di allarme. Era tutta la settimana che provavo fatica ed apatia  ad allenarmi, ero stufo e stanco, e,  più si pensa alla stanchezza, più essa sembra concretizzarsi. Il piano prevedeva mezza giornata di lavoro al sabato, poi lavaggio bici, preparazione borsone e via diretti ad Urbino. Il piano andò al diavolo ed il borsone è ancora la in mezzo al corridoio della cantina mezzo fatto. Ormai diventato un simbolo del giorno in cui mi venne meno la forza di volontà.

Dopo un lungo e nevoso inverno, finalmente si potevano godere le giornate di sole, eppure presto la loro lunghezza già sarebbe cominciata a diminuire. Una breve prospettiva.

 Io che da poco mi ero laureato e avevo cominciato a lavorare, guardavo con timore le tavole orarie dei tramonti. Mi dicevo, ancora due mesi e poi addio alle uscite serali, addio agli allenamenti quotidiani. Campione non lo sono mai stato ne mai sarei potuto diventarlo; ma credetemi quando improvvisamente ti ritrovi di fronte ad un grafico in cui la curva può solo scendere, ogni stimolo sparisce e rimane solo la fatica della pedalata.

E' vero, avrei potuto tener duro ancora un paio di mesi, ma a che scopo? Nel mio piccolo, non vedevo più dinnanzi a me margini di crescita. A qualsiasi livello sportivo, l'entusiasmo deriva dallo sperare, dall'illudersi talvolta, che domani sarà un giorno migliore di oggi. Ma quando sai già che, nonostante l'impegno, a Gennaio 2014 andrai nettamente più piano di Gennaio 2013, allora hai due strade:  accontentarsi e continuare a pedalare infischiandosene dei risultati oppure lasciare la strada vecchia per una nuova che garantisce nuovi margini di crescita. Decisi per una nuova avventura. Ho 25 anni, il mio corpo per ancora qualche anno risponderà bene alle sollecitazioni. Intanto che il motore funziona si prova a tenerlo ad alti giri. Tempo per non pretendere da se stessi performance particolari, ce ne sarà, a Dio piacendo, anche troppo.
Ecco qua il mio racconto. Non è stato facile scriverlo, i pensieri mi si accavallavano nella mente. Non credo, siano parole di uno squilibrato, ma semmai di una persona che ha vissuto il suo sport come se fosse la sua intera vita. Una travolgente passione difficilmente si riduce ad una cordiale amicizia.

4 commenti:

  1. bellissimo!
    dovrebbero insegnarlo nei corsi federali, ad avere questa visione del percorso agonistico.
    avversari e cronometro, sì, ma solo come mezzo x compiere un viaggio il cui valore è assolutamente personale e legato alla tracciatura completa di quella "curva" a cui tu stesso hai accennato.
    che questo significhi 7 tour de france o un 10° posto nel provinciale udace non è e non deve essere rilevante.
    credo che la corsa a piedi stia finendo di insegnartelo. :)
    a proposito, visto che ci sono passato 10 anni fa te lo dico:
    i sintomi da infortunio grave che lamenti sono solo benevoli campanelli d'allarme, da non ignorare ma di per sé innocui.
    oggi tu che corri a piedi sei come una ferrari con la trasmissione di una panda, per un paio d'anni sarà un continuo far passi avanti e indietro x adattarti: vivili bene, non come degli incidenti che non sono.
    nell'immediato ti consiglio 3 gg pieni di intervallo tra una corsa e la successiva, pedalando e camminando a volontà.
    bravo, elia!

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    1. Grazie, davvero. Non c'é cosa più bella per uno che scrive veder che l'emozione é giunta a destinazione.
      Al momento sto correndo bene, nel senso che non ho più alcun tipo di fastidio. Tuttavia, ho capito a ciò che ti riferisci e so giá che probabilmente sarà così, 2 passi avati, 1 indietro.
      Grazie ancora :-)

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  2. Bravi ragazzi mi piace questa visione dello sport, oltre alla tua sincerità Elia. Lo sport è cultura, quando lo vivi così. Diventa - e rimane - brama egoistica e volgarità invece nell'insensata ricerca dei risultati. Nel professionismo, ma non solo. Buone corse!

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  3. bel post, davvero.
    Ma tanto lo so che prima o poi, qualunque sia lo sport, scoprirai cosa c'è oltre all'agonismo, senza rinunciare alle performance. ;)

    P.S.: per la corsa se ci metti continuità e inizi con un buon recupero (giorni di allenamento alternati con il riposo, lavori di qualità non successivi ma intervallati dai lenti), in 4-6 mesi costruirai una base sufficiente ad andar forte e ad allenarti tanto (ma non in maniera sregolata). Devi imparare ad ascoltare il tuo corpo in questa nuova avventura e devi curare in particolar modo la tecnica, che vuol dire imparare ad ascoltare i recettori neuromuscolari anche mentre si fatica ;)

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