giovedì 26 aprile 2018

Dai massimi sistemi ai passeggini da corsa




Ma è la Terra a ruotare attorno al Sole o viceversa? Facile?
E invece no! Guardate che è un problema affatto banale; infatti basandosi solo sulle osservazioni del moto apparente del Sole fra le costellazioni, a causa del moto relativo, è pressoché impossibile arrivare ad una affermazione definitiva. Così, per me, è anche la vita dell’uomo.
L’incessante lavorio del mio cervelletto nel cercare il senso ed il perché di tutto mi porta per lo più a sbattere contro la consapevolezza che tutto sia dannatamente relativo e mutevole. Il mondo cambia, noi stessi cambiamo e di conseguenza anche la nostra percezione delle cose. Diciamocelo francamente, la volontà ha poco spazio nelle nostre scelte. Ognuno fa ciò che fa solo perché gli riesce più facile di qualcos'altro, perché a fare ciò lo hanno portato necessità, casualità, consuetudini, istinto, educazione, ossessioni e tendenze, in modo più o meno consapevole.
Da questa considerazione deriva la mia solita accondiscendenza nel considerare le scelte altrui; ma la competizione con il passeggino da corsa (stroller), mi spiace, io proprio non la riesco a concepire.
Come scriveva il buon Fëdor, lo so “sono un uomo malato, un uomo cattivo, un uomo che non ha nulla di attraente ma a me urta vedere una grande disciplina sportiva profanata da chimere metà uomini e metà carriole.
Lo confesso, io sono tendenzialmente un tradizionalista, lo ero fin da quando, bambino, ero orgoglioso di vestirmi con la camicia, fin da quando mi incaponivo a scrivere con la stilografica. Anche nello sport sono un tradizionalista, amo il ciclismo, rigorosamente su strada, e la corsa, rigorosamente all’interno dello stadio, vero tempio dell’atletica, capace di distillare la purezza delle prestazioni.
Come se non fosse sufficiente essere tradizionalista in un mondo che percorre le sue rotaie a velocità folle e con i freni rotti, sono anche un esteta. Cos'è la bellezza? Per me la bellezza si realizza quando nel caos del mondo, nel marasma del tutto apparente e mutevole, ad un tratto, compare qualcosa che è assolutamente come dovrebbe essere. Così! Fermo immobile! È perfetto così! Per me bello è il gesto sportivo di alcuni atleti, veri maestri della loro arte; la pedalata di Wout Van Aert, la falcata di Laura Muir, non certo uno che corre aggrappato al carrello della spesa
Alla luce di queste mie perversioni è più facile comprendere la repulsione che provo nel vedere in manifestazioni competitive fidal (e lo sottolineo: gare), questi corridori con passeggino. Attenzione, qui non si sta parlando di genitori che cercando di conciliare l’attività fisica con le loro responsabilità familiari, sia chiaro; qui si sta parlando di persone che pretendono di gareggiare con questo stroller e di vedersi riconosciuto il loro risultato in manifestazioni di una federazione che non riconosce questo sport.
È vero, sono stato il primo a dirlo, tutto muta, anche le discipline sportive cambiano. Cercare di congelare l’evoluzione è da pazzi ma, magari, indirizzarla si può. Secondo una teoria cosmologica, dalla nascita dell’Universo il livello di caos è in continuo aumento; tutto si evolve, ma facendolo pure si corrompe, si imbastardisce, smette di essere sé stesso per diventare qualcos’altro e a me fa male vedere l’atletica corrotta in questo modo.
Perché si deve correre una maratona spingendo un passeggino? Quale è il senso, non della volontà di condividere la passione della corsa con il proprio bimbo, ma dell’arroganza che porta alcuni ad arrogarsi il diritto di partecipare in questo modo, contro il regolamento, a gare di atletica? Qual è il senso della presunzione di pretender che la fidal e i suoi giudici riconoscano e tutelino questa attività ludico-motoria?  
La fidal non ha il compito di incentivare lo sport, non è un ente di promozione sportiva, la fidal ha il compito di occuparsi in Italia di atletica leggera. La corsa con carrozzelle con all'interno neonati inconsapevoli non è atletica né, lo spero, lo sarà mai.
Per me l’unico scopo di queste mode è l’esibizionismo, la vanità, il desiderio di emergere dalla massa indistinta dei maratoneti. Entro questo girone io ci ricomprendo ovviamente anche quelli che partecipano travestiti da supereroi, con in testa l’elmo da Vichingo o con le parrucche, tutte pagliacciate che, detto francamente, già alla seconda volta smettono di essere divertenti e diventano patetiche.  
Insomma c’è un modus in rebus, ci deve essere un modus in rebus, altrimenti tutto perde senso. C’è un modo di praticare una disciplina sportiva, può variare un po’ ma non si deve mai venire meno ad una certa serietà. Prendersi un po’ in giro va bene, ma ridicolizzarsi non è buono. Nessun vuole limitare la libertà di espressione; ti piace correre con il passeggino? Ti piace correre vestito da Batman o con lo stereo in spalla? Bene, fallo! La strada è libera, ma non pretendere di farlo in contesti che non sono nati e non esistono per quello. Sorvolo evidenti problemi legati a coperture assicurative o regolamenti interni della federazione (non sono le tavole di Mosè, si possono anche cambiare), a me interessa la ratio che sta dietro a questa questione.
Per concludere, una argomentazione falsa che alcuni adducono per portare avanti le loro ragioni è che essere troppo fiscali e rigidi verso questi modi “alternativi” di interpretare la corsa non faccia bene all'atletica e allontani le persone da essa. Sarò cristallino: ai tanto decantati anni d’oro di Panetta, Cova, Antibo, Mei ecc., tutte queste manifestazioni podistiche, tutti questi tesserati, tutti questi runners e joggers non c’erano. L'’Atletica, quella con la A maiuscola, la fanno gli atleti veri e giovani e sinceramente il contributo che da all'atletica uno che corre spingendo il passeggino o vestito da Spiderman non lo vedo. Si dirà che invece tutto ciò contribuisce a diffondere la cultura sportiva…mah, sarà, i fatti non sembrano dare ragione a questa tesi  

domenica 15 aprile 2018

Salvate il soldato Hawkins!




Avevo già pronto un altro articolo ma questo deve avere la precedenza.
Regolarmente rimbalzano sul web video, per lo più di maratone, in cui un concorrente crolla a terra.
Le reazioni degli altri atleti, qualunque esse siano, generano sempre una moltitudine di commenti.
Non vorrei nemmeno commentare a lungo quelle scene patetiche in cui l’atleta in posizione di rincalzo entra nei panni del Cirenaico e assume su di sé il peso del malcapitato e lo trascina eroicamente fino al traguardo.
Scene targate “stars and stripes”, meritevoli di essere immortalate in una statua come quella postata che commemora la battaglia di Iwo Jima.
Il discorso è semplice. Vi sono 2 casi ed una variante.
Iniziamo con il caso dell’amatore colto da malore, qui, inutile dirlo, il mutuo soccorso degli altri concorrenti non lo definirei nemmeno un atto di merito, è semplicemente un dovere, un gesto di umanità. In questi contesti è probabile che il personale medico e lo staff dell’organizzazione non siano nei paraggi; destare l’attenzione sul problema e fare il possibile per tamponare la situazione è d’obbligo.
Già diversa è la variante in cui si trascina di peso il corpo di qualcun altro al traguardo. Se vi sono problemi seri è meglio rimanere lì dove si è e invocare i soccorsi. Se il problema non è serio, allora la persona raggiungerà da sola il traguardo o si ritirerà con buona pace del il tempo e del risultato. Come ho sentito dire da Mauro Corona “nella vita solo una cosa si fa in due, tutto il resto lo si deve fare da soli”. Ciò che si discosta da queste linee di condotta lo reputo esibizionismo, il vanitas vanitatum sportivo.
Vi è poi il secondo caso, questo riguarda le manifestazioni elite, o la competizione tra i top runners. Questi sono sempre scortati dal personale dell’organizzazione e, giustamente, l’attenzione è puntata su di loro.
Entro nello specifico e analizzo un caso concreto e fresco fresco, ossia il collasso dello scozzese Hawkins durante i giochi del Commonwealth.
https://www.atleticalive.it/53268/raccapricciante-ai-giochi-collassa-il-leader-durante-la-maratona-e-stramazza-a-terra-nessuno-lo-soccorre-per-15-minuti/
Ora, anzitutto alcune premesse:
questi sono atleti che vivono di ciò che producono, ossia risultati sportivi; l’organizzazione è tutta per loro; il loro numero non è mai eccessivo, proprio fornire un’adeguata assistenza a tutti, oltre che per garantire una gara qualitativamente elevata, che possa essere all'altezza della manifestazione.
Cosa avrebbe dovuto fare l’australiano Michael Shelley  (allora in seconda posizione)? Avrebbe dovuto fermarsi? Per fare che?
Non è di certo un medico, non aveva con sé nulla di utile, nemmeno un sorso d’acqua. Quindi, nessuna competenza e nessun aiuto materiale, magari un aiuto morale, un po’ poco.
Bene, c’è comunque chi pensa che avrebbe dovuto fermarsi. E il terzo, come si sarebbe dovuto comportare? Fermarsi, ovvio, diversamente si è sleali. E il quarto? Il quinto? Il sesto?
 Vedete come l’attacco al supposto menefreghismo dell’australiano sia del tutto irrazionale?
Le gare elite sono questo, c’è chi vince e chi insegue, c’è chi è costretto al ritiro e c’è chi invece nemmeno si può presentare ai nastri di partenza a causa di infortuni patiti durante la preparazione. In quest’ultimo caso cosa si dovrebbe fare? Ritirarsi tutti per solidarietà?
C’è una organizzazione che ha il compito, le possibilità e, si spera, le capacità di portare aiuto; in quel punto vi erano anche spettatori (non sappiamo se stessero comunicando con l’atleta); quando è passato l’australiano c’erano già sul posto le motostaffette e il personale di servizio; l’unica cosa sensata che questo poteva fare, e che ha fatto, era proseguire nella sua gara.  
 Io non so se vi siano stati ritardi nei soccorsi, da quel che posso veder qualcuno dello staff si avvicina a Hawkins appena un minuto dopo che egli stramazza al suolo (non 15 minuti dopo come dice il titolo dell’articolo postato); certo non so quando sono arrivati i primi veri soccorsi da parte del personale medico però di certo non si possono incolpare gli altri concorrenti. L’australiano Michael Shelley  ha vinto e lo ha fatto con merito.