domenica 29 novembre 2015

22.11.2015 - MARATONINA CITTA' DI CREMA

collasso in corso


Elia se ci sei batti un colpo, ed io modestamente un colpo l'ho battuto.

Domenica scorsa alla Maratonina Città di Crema sono riuscito ad abbassare il mio personale ed ho fermato il cronometro in 1h16:35. Mi rendo conto del relativismo insito nei risultati nell'atletica ma per me questo è un ottimo risultato date le premesse, ossia 2 mesi di stop, 4 di calvario e finalmente un ultimo mese di allenamenti senza più problemi ne dolori. Con una sola gara nelle gambe (una staffetta a coppie la settimana prima) e pochi lunghi, fare meglio per me era difficile.
Nei mesi precedenti avevo pensato seriamente di smettere, a parte gli infortuni senza tregua mi pareva di non riuscire più a recuperare fisicamente, qualsiasi corsa, anche la più tranquilla, mi segnava pesantemente le gambe e anche solo camminando provavo forti dolori. Correre era diventato solo fatica, male fisico e frustrazione. Costretto sempre a saltare gare e allenamenti in compagnia.
"Elia ci sei domani a Pinco? Ehm no, grazie"
"La fai la mezza di Pallo? Emh, no mi spiace"
"Dai, domani ci troviamo? No, se volete porto l'acqua".  
 Ho provato a resettare tutto, mi sono rivolto ad un medico dello sport e nutrizionista e da allora le cose, per caso o per merito, sono cambiate radicalmente.

Questo punto, spero rappresenti per me un nuovo inizio. Finalmente ho ritrovato il piacere di correre, finalmente uscire al buio e al freddo è diventato un po' meno pesante e sto sperando di riuscire anche a pianificare qualcosa.

Ritornando alla gara, sono partito volutamente forte. L'avevo scritto nel precedente post che volevo correre alla keniana (si fa per dire); e così ho fatto, ho fatto i primi 10km quasi al mio massimo. Nel finale sono indubbiamente notevolmente calato ma, fortunatamente, non a sufficienza per impedirmi di infrangere il mio personale. 
Ed io dico che il vento sta cambiando!!!
  

bello e impossibile



sabato 21 novembre 2015

All' Hôtel de Rambouillet...recensione de "L'arte giapponese di correre"





Titolo: L'arte giapponese di correre
Autore: Adharanand Finn
Casa editrice: Sperling & Kupfer
Edizione: I edizione settembre 2015




Del Sig. Finn avevo letto l'ormai famoso "Nati per correre", un reportage fatto in Kenya a diretto contatto con i grandi maratoneti degli altipiani. Lessi quel libro diversi mesi prima di iniziare a correre a piedi e mi piacque davvero tanto. Ragion per cui ho iniziato questo libro con grandi aspettative, devo dire però che, almeno fino ad un buon punto, mi stava deludendo. Mi dicevo "dai Finn inizia a rendere la storia un po' più interessante", poi però ho capito, non erano le cose scritte dallo scrittore a non piacermi erano i Giapponesi e la seconda rivelazione era ancora peggiore, mi rendevo conto di avere atteggiamenti molto simili ai corridori giapponesi. In sostanza, non mi stavo piacendo.


Un passo alla volta. Come il precedente libro, Finn compie un reportage trasferendosi per 6 mesi nel Paese del Sol Levante perchè, queste le sue parole, "Sta succedendo qualcosa in Giappone, e dall'esterno non è facile accorgersene...nel 2013, l'anno in cui è celebrata la nostra storia, solo sei dei cento maratoneti più veloci del mondo non erano di origine africana. Cinque di loro erano giapponesi. Tra le donne, undici atlete su cento erano giapponesi. Anche in questo caso il Giappone  era al terzo posto, dopo Kenya ed Etiopia".


Dicevo, il libro mi stava deludendo, perché io mi aspettavo aneddoti strabilianti, racconti epici ma poco traspariva dall'omertà e dalla diffidenza insita nei giapponesi ed il racconto di Finn ne soffriva. Anche la storia dei monaci che correvano mille maratone in mille giorni non era proprio così sensazionale. Anzitutto, corrono anche, ma sopratutto camminano, poi i mille giorni non devono essere consecutivi, infine si tratta di una pratica di mistificazione del corpo non molto diversa, per idea, da quelle di alcuni ordini monacali cristiani.
In Giappone la corsa su strada è lo sport più seguito e praticato dopo il baseball ed è monopolizzato dalle Ekiden, che sono delle gare di fondo a staffetta. Il risultato del gruppo è ciò che conta ma per quello il contributo del singolo è fondamentale.  Vi sono diverse squadre professionistiche sponsorizzate dalle aziende, ma le gare più famose e sentite sono quelle universitarie perché rimangono, per i risultati, più aperte alle sorprese. 
Arrivare al professionismo è più facile rispetto a molti altri paesi, però l'attenzione mediatica è concentrata sulle competizioni universitarie, ragion per cui risultano meno perseguiti obiettivi quali mondiali o Olimpiadi e le discipline della pista. Difatti, in Giappone c'è un altissimo livello medio, ma pochissimi atleti affermati a livello internazionale e con personali da primato.  
Il prototipo del corridore giapponese è: studente, fondista che compete esclusivamente su strada, che già a vent'anni ha raggiunto l'apice, con una certa sicurezza economica, senza particolari aspirazioni a fare quello di lavoro o a vincere a livello internazionale, si allena tanto e duramente, spesso troppo, con tanto stress, vede la corsa come impegno serio, come una prova di disciplina,una dedizione alla pratica, una via che porta alla perfezione. Un samurai dell'atletica. E il divertimento? No, nessun divertimento, si lavora, ci si allena, il divertimento non serve.

Questa mentalità me ne ricorda un'altra...ah sì la mia. Ma io non volevo riflettermi in quelli lì, con la loro corsa strascicata, con la loro mania per l'estremo sacrificio. Io volevo essere come un Giamaicano con il sorriso sulle labbra nel suo impegno massimo, come Keniano che parte e corre senza tattica come se non temesse di avere limiti fisici. Io desidero anteporre il volere al dovere. Bolt ci insegna che correre accompagnati dal sorriso ha una sua utilità, sia per il benessere interiore sia per i risultati.
Dall'approccio che le persone hanno verso lo sport, credo si possa capire molto di loro e, una volta entrato, per quanto possibile da diecimila km di distanza, nella mentalità giapponese, sono riuscito a godermi molto di più il libro. 
Fin, secondo me, ha dimostrato di essere un ottimo scrittore. Questo libro, non raggiungerà il livello del precedente ma merita sicuramente di essere letto dagli appassionati della corsa 





domenica 13 settembre 2015

12.09.15 - STAFFETTA DEL SORRISO 2015 - AIUTANDO LUCA



Dopo più di 4 mesi torno a riattaccare un pettorale. L'occasione è stata la partecipazione alla Staffetta del sorriso, una manifestazione organizzata dalla associazione di volontariato
"Andrea e i corsari della maratona".

44 squadre, composte da 4 staffettisti, impegnati ciascuno su un percorso di circa 5 km e mezzo. Per quanto riguarda me posso solo dire che, visti gli ultimi trascorsi e le attuali sensazioni, la corsa mi ha strappato un sorriso e regalato un po' di buonumore.
L'aspetto agonistico è però in questo caso del tutto secondario.

Il solito destino cinico e baro scelse per Andrea un cammino di sofferenza e volle che un tumore cerebrale lo strappasse dalla vita a soli 15 anni.

L'associazione è nata nel 2007 in memoria di Andrea, e i membri, accomunati dalla passione per il podismo e le marce, si impegnano in vari modi a raccogliere fondi per aiutare la ricerca a combattere le forme tumorali che colpiscono i bambini e gli adolescenti.

Un grazie a loro che dedicano se stessi, sapendo mettere da parte i loro problemi, i loro impegni e gli egoismi per regalare il proprio tempo a chi ne ha più bisogno.

indirizzo Facebook dell'associazione






traccia Garmin del percorso

La classifica - staffetta del sorriso 2015



mercoledì 2 settembre 2015

All' Hôtel de Rambouillet..."Correre con il branco"


Recensione di "Correre con il branco" di Mark Rowlands.





Titolo: Correre con il branco.


Autore: Mark Rowlands.


Casa editrice: Arnoldo Mondadori Editore S.p.A, Milano.


Edizione: I edizione settembre 2014, collana "Strade blu".


Prezzo: €18,00 (versione cartacea)


"La corsa è uno degli spazi in cui cessano gli scopi. La corsa, dunque, è una delle cose in grado di rendere la vita degna di essere vissuta"

E' importante che vi siano finalità dietro le nostre azioni? E se ve ne devono essere, quali decono essere considerate "di valore"?


Perchè correte? Onestamente credo che chi risponda a questa domanda con "perchè mi piace" o mente, o non ha mai corso oppure non riesce a esprimere in modo soddisfacente i propri sentimenti. La corsa è sofferenza, come può piacere la sofferenza? Semmai la si può sopportare in vista di un secondo fine. Questo tema dei secondi, dei terzi e dei quarti fini è uno dei temi principali di questo libro. Il professore di filosofia Mark Rowlands conduce una indagine fenomenologica sull'esperienza del correre e difende la tesi che la corsa, accanto ad una serie di valori strumentali, quali il miglioramento di una migliore forma fisica o il raggiungimento di risultati sportivi, ha un valore intrinseco, ossia un valore che vale di per se e non in relazione a ciò che potrebbe procurare.


Per quanto riguarda la sua indagine fenomenologica, Rowlands osserva che il pensiero durante la corsa lunga può attraversare diverse "fasi". All'inizio della corsa, ci troviamo in una fase, definita Spinoziana; siamo pieni di energie, mente e corpo sono una amalgama indivisibile. Non bisogna ancora sforzarsi a pensare di dover correre. Ben presto, però, il corpo si affatica ed emerge il dualismo tra un corpo fisico ed una mente non fisica. Basti pensare a quando si cerca di parlare al proprio corpo, cercando di convincerlo o di ingannarlo a fare un altro passo, questa seconda fase "dualistica" è riconducibile al pensiero Cartesiano . Tuttavia, dopo un po', anche la mente si appanna, il controllo viene meno e i pensieri sembrano danzarci in testa, spuntano dal nulla improvvisamente ed altrettanto scompaiono. Ci si accorge che quando ci si guarda dentro non si trova "se stessi" ma i pensieri, i sentimenti e le emozioni, o più in generale gli stati d'animo. Questa è la fase Humeana. Più ci si inoltra nella corsa e più si attua un processo di dissoluzione del se, la mente passa dal pensiero al nulla, i pensieri si collocano fuori da noi stessi. Tutte le cose assumono un significato particolare solo se vengono interpretate e non hanno un significato in se e per se. Quindi, tutte le cose di cui abbiamo coscienza non significano intrinsecamente qualcosa, al contrario della coscienza; ne deriva che nessuna cosa può far parte della coscienza, ma dal momento in cui io sono la mia coscienza, significa che nulla di cui io sia consapevole può far parte di me. Le cose sono qualcosa per me ma non sono parte di me. Tutto il mondo è fuori di me e quindi si può concludere che la coscienza è nulla. Anche un motivo può significare qualsiasi cosa, perchè assuma qualche significato deve intervenire la mia interpretazione, di conseguenza nei motivi non c'è nulla che colleghi ciò che faccio e il motivo per cui lo faccio, c'è una distanza tra i moventi e le azioni. Le azioni sono sostenute dalle scelte e non dai motivi e sta in ciò, secondo Sartre la libertà. Questa ultima fase si chiama appunto Sartriana.


Tornando al tema principale: ossia quali sono le cose per cui valga la pena correre e più in generale vivere, Rowlands pensa che se ci domandiamo questa atavica domanda, l'unica risposta che troveremmo è "la vita". "Ciò che ha uno scopo esterno a se stesso non potrà mai diventare una cosa per cui vale la pena di vivere: perchè se perseguite questo scopo fino alla sua conclusione logica trovate semplicemente altra vita. C'è una sola via d'uscita da questo circolo tautologico, l'unica perlomeno che io riesca ad individuare: trovare una attività in cui abbia termine la catena degli scopi...in altre parole: una cosa può essere davvero importante nella vita a condizione che non abbia uno scopo esterno a se stessa, cioè che sia inutile per qualsiasi altra cosa....le cose che hanno valore in se sono tutte forme di gioco. E la corsa, almeno per gli umani adulti, è la forma di gioco più antica e semplice che ci sia"




Opinione.


Sarà perchè sto attraversando una fase un po' spirituale ed intimistica ma ho trovato questo libro una lettura incantevole. Dopo gli studi liceali ero rimasto un po' deluso dalla filosofia, questo libro me l'ha fatta riscoprire sotto una luce diversa. Ovvio,  ha un tono molto divulgativo, ma non capisco perchè in filosofia si tenti spesso di fuggire dalla semplicità.


Ho trovato tantissimi spunti interessanti tant'è che non riuscivo a fare a meno di leggere sottolineando, con nessun altro scopo se non quello di sfogare l'emozione quando si agguantano delle verità e dialogare con il libro, come a dirgli "cavolo, sei un grande, ha centrato la questione".


Ecco, sul fatto che la corsa sia uno spazio in cui cessano gli scopi e rende la vita di essere vissuta, io francamente nutro forti dubbi o almeno ne generalizzerei. Non metto in discussione che per l'autore sia così, ma non credo lo sia per me. Corro per tanti scopi, probabilmente uno più infimo dell'altro, e anche se c'è probabilmente la componente  del correre per il correre, temo che sia soverchiata da tutto il resto.


Comunque, ripeto libro delizioso, lo ripeto, delizioso.   

lunedì 20 luglio 2015

La borsite della zampa d'oca...secondo me.




Il corpo è più potente, intelligente e razionale di quanto vogliamo credere, alla fine nel bene o nel male trova una sua soluzione, una sua strada; il nostro disappunto sta nell'essere impotenti quando la direzione è scelta proprio da lui, la nostra frustrazione sta nel non venire quasi mai interpellati. E' pure vero che nemmeno noi amiamo sentire il suo parere, o almeno questo capita a me. 
Oso timidamente dire di stare uscendo dall'infortunio che mi ha attanagliato da inizio Maggio.
Alla fine, si spera, di questo periodo mi viene naturale fare alcune considerazioni.
Non sono un medico, non ho nessuna competenza accertata nell'ambito sanitario, ho solo un po' di curiosità e voglia di capirmi e conoscermi meglio. So solo una cosa: di non sapere e per ciò mi sembra scorretto atteggiarmi a insegnante copiando cose scritte da altri copiatori del web. Riporto solo la mia esperienza.
Cercando qualcosa su questa patologia sul web potreste imbattervi in:

(http://www.albanesi.it/medsport/borsite_zampa_oca.htm)
la patologia in questione comincia a regredire dopo circa 5 giorni per poi scomparire del tutto quando sono trascorse tre settimane.

(http://www.riabilitiamoci.it/disturbi-dolorosi/ginocchio-doloroso-da-tendinite-della-zampa-doca-la-soluzione-per-tornare-subito-in-pista/)
Se segui questi consigli nell’arco di una settimana al massimo dovresti avere già benefici

(http://www.noene-italia.com/borsite-della-zampa-d-oca/)
 Solitamente, con i trattamenti adeguati, la sintomatologia tende a diminuire dopo alcuni giorni e l’infiammazione regredisce completamente nel giro di alcune settimane.

(http://running4passion.blogspot.it/2010/03/se-loca-ci-mette-lo-zampino.html)
già visto: una settimana di stop, ghiaccio e antinfiammatori e passa tutto....
...ho avuto alcune volte la borsite sottorotulea, risolta sempre in 4-5gg...

Non mi pare vero. E' evidente che le infiammazioni non sono tutte dello stesso grado. Io, una volta avvertito il dolore non ho provato ad insistere, a parte i primi 3 km della mezza di Piacenza, eppure per 4 settimane ho zoppicato, per 6 settimane ho continuato a sentire un dolore molto intenso solamente appoggiando il peso sulla gamba infortunata o piegando il ginocchio. Per cui, per mia esperienza, la borsite della zampa d'oca non è un infortunio di rapida guarigione. Io avevo una infiammazione di media gravità ed ho sentito i primi sensibili sollievi della guarigione dopo 9 settimane di cure e terapie, tra cui:

-crioterapia: effetto non percepibile, anzi avevo l'impressione mi dasse perfino fastidio. l'ho trovata utile in fase di guarigione e ripresa dopo le prime corsette. Ho tratto effetti benefici più apparentemente consistenti dagli impacchi caldo umidi

-laserterapia: penso apporti dei benefici non immediati ma che si ripropongono nei giorni successivi. La terapia è stata di 7 sedute nell'arco di un paio di settimane ad un mese dall'inizio dell'infortunio. E' difficile tuttavia valutare se i miglioramenti in tale periodo siano dovuti alla terapia o alla guarigione spontanea

-kinesio tape: strano per uno scettico come me ma qualche beneficio mi sembrava lo dessero. Questione psicologica? Forse, ma se anche fosse?

-fans (ketoprofene): sollievo dovuto dalla loro azione antidolorifica, utilità nella cura della patologia molto scarsa. Effetti benefici transitori. Utilizzato solo il primo giorno di infortunio per potermi trascinare fino al lavoro.

-argilla: dovrebbe essere in grado di assorbire acqua e tossine, ma secondo me, se funziona, funziona ad un livello talmente basso che non vale nemmeno la pena spalmarla. Di sicuro non ha effetti collaterali

-Arnica in pomata, pastiglie, punture: ho indagato e non penso proverò mai più a curarmi con la omeopatia. Un illustre farmacologo come Garattini alcune settimane fa a Superqurk disse che le scatole dei farmaci omeopatici potrebbero non riportare alcuna etichetta perchè contengono tutti la stessa cosa: IL NULLA.
 Hahnemann, il padre dell'omeopatia affermò che il rimedio è tanto più efficace, quanto più è stato diluito, persino al punto in cui nell'acqua non resta più alcuna presenza rintracciabile della materia originaria.
Ultima citazione/ storiella per screditare con umorismo e poi mi taccio: "un bambino viene punto da un'ape in un piccolo paese di campagna. La faccia si gonfia e lui sta male. I genitori telefonano all'omeopata e quello dice loro di procurarsi immediatamente una sostanza chiamata Apis 200; la mettano in una bottiglia d'acqua, scuotano il tutto e diano al ragazzo alcune gocce del liquido. Impossibile, la farmacia è lontana e il ragazzo sta sempre peggio. Il medico allora suggerisce di prendere un pezzo di carta, di scriverci sopra Apis 200, di mettere la carta nella bottiglia, di scuoterla bene e far bere l'acqua al ragazzo. la puntura lentamente si sgonfia e il ragazzo guarisce" (Terzani)

- cerotti medicati (metile selicilato): in passato ne avevo tratto beneficio per altri problemi, questa volta non ho avvertito alcun miglioramento

-pomata (Celadrin): alcun beneficio immediato percepito.

-punture intramuscolari (diclofenac): è stato l'unico farmaco che mi ha aiutato veramente e l'unico con cui ho fatto una cura di oltre 1 settimana. Sollievo immediato che durava circa 6/8 ore, ma gli effetti benefici della cura si facevano sentire anche a distanza di giorni

-cortisone (deltacortene 25mg, via orale): è sicuramente un farmaco molto efficace,è l'antinfiammatorio per eccellenza, tuttavia in questo caso ha solamente mascherato il problema piuttosto bene per qualche giorno. La cura è stata anche molto breve per i noti effetti collaterali.

-stretching: fondamentale nella fase di ripresa, durante la fase acuta dell'infortunio non mi è sembrato mi aiutasse.

Qualcuno mi disse "le infiammazioni passano da sole, prendono il tempo che gli serve". Inizio a  pensare sia tutto vero, mi sto convincendo che in questi casi il corpo guarisce da solo, possiamo dargli una spintarella ma tutto dipende da lui, una mattina ti svegli e come per magia senti un netto miglioramento. Non è tutta questione di chimica, di sostanza che ne combatte un'altra, non è tutto così semplice, ci sono spesso equilibri più complessi da ricercare e ristabilire, nel fisico e  chissà, forse anche nella mente.
Il dolore è tra l'altro solo una parte dell'infortunio, la più antipatica ma forse nemmeno la più rilevante, il cammino per ritornare in forma e in salute è ancora lungo.
Devo dire che non ho vissuto bene questi due mesi senza correre e sono giunto anche alla conclusione che mi do un'ultima possibilità. Non pretendo di non infortunarmi, quello va messo in conto prima di iniziare, ma di non farlo ogni tre mesi, quello almeno sì. 
Insomma, spero che il prossimo infortunio sarà ragionevolmente lontano da quest'ultimo, ciò non fosse, o non riuscissi a guarire bene da questa borsite credo che sarebbe il caso di rimettere in discussione un po' tutto.



sabato 27 giugno 2015

All' Hôtel de Rambouillet..."Unbroken"






Titolo: "Unbroken"
Autore: Laura Hillenbrand
Casa Editrice: Mondadori
Edizione: 2 Dicembre 2014
Pagine: 464
Prezzo: € 9,99 ( versione digitale per dispositivi iOS con iBooks 1.3.1)
Consiglio: La prima edizione di questo libro è stata pubblicata nel 2012 da Mondadori con il titolo "Sono ancora un uomo". Volendo leggere la versione cartacea ho aspettato 2 mesi perchè la libreria Mondadori di Piacenza non riusciva a trovare il libro, e ci credo, nel frattempo era stato ristampato con un titolo diverso...



Leggere è un modo per assaggiare vite diverse dalle nostre, per vivere in luoghi e tempi diversi dagli attuali.
Una biografia poi, se scritta con onestà e senza ricorrere ad aggiunte romanzate, può aprire nuove finestre e farci vedere il mondo da angolazioni non considerate prima.
Io , se non fossi così ossessivamente preso da me stesso, da un libro come "Unbroken" e da un uomo come Louis Zamperini avrei tanto, ma tanto tanto da imparare e sui cui riflettere.
Prima di parlare del libro, voglio ribadire che lo consiglio e lo "stra" consiglio e sicuramente chi ha la passione per la corsa e lo sport lo potrà apprezzare ancora di più.
Unbroken è la biografia di Louis "Louie" Zamperini nata dalla penna di Laura Hillenbrand, la quale ha avuto la possibilità di scavare nella vita di Louie per sette anni attraverso settantacinque interviste e migliaia di domande. Lo stesso Zamperini disse "Quando voglio sapere cosa mi è successo in Giappone, telefono a Laura".
Giusto per contestualizzare, Louis Zamperini, morto nel recente 2014, nacque nello stato di New York nel 1917 da genitori italiani (semo er mejo).

"E poi c'era il fattore etnico. Nei primi anni Venti gli italiani a Torrance erano così disprezzati che quando gli Zamperini arrivarono in città, i vicini presentarono una petizione al comune perchè venissero allontanati"

Giovane e talentuoso "miler" partecipò alle Olimpiadi di Berlino 1936 nei 5000m piani.

"Detestava correre, ma gli applausi erano inebrianti e la prospettiva di averne altri fu un incentivo sufficiente perchè diventasse relativamente accondiscendente"


Stava coltivando duramente il sogno di correre nei 1.500m nei giochi olimpici successivi quando il secondo conflitto mondiale travolse l'umanità e lo costrinse ad abbandonare le scarpette chiodate e ad arruolarsi come puntatore tra le file degli "Air Corps". Nel 1942 il suo B24 precipita mentre era  impegnato nella ricerca di un aereo disperso nello sconfinatoo scacchiere del Pacifico. Da quel momento in poi, come dice il sottotitolo del libro, sarà "Sopravvivenza, Resistenza, Riscatto".
Come al solito non aggiungo altro, l'eventuale piacere della lettura e della scoperta non può essere negato. La rete scoppia di recensioni e riassunti di questo libro, dal quale tra l'altro è stato tratto anche il film.
Propongo una citazione che credo sia il punto nodale di questo libro:

"Forse la differenza era di ordine biologico: è possibile che alcuni individui siano programmati per l'ottimismo e altri per il dubbio....Forse le rispettive storie personali avevano determinato nei tre sul canotto diverse e contrastanti convinzioni sulle proprie capacità di superare le avversità"


  Sopratutto la prima frase mi ha fatto riflettere e la ritengo una grande verità, c'è gente che ha un così forte attaccamento e amore per la vita che è spinta naturalmente verso l'ottimismo. Io temo di essere stato programmato per il dubbio; non credo però sia di per se una caratteristica necessariamente negativa. Se si è dubbiosi vuol dire che sì è anche  abbastanza intelligenti per capire che la realtà è talmente complessa che  prendere fermamente una posizione, o guardare in una sola direzione equivale ad un atto di supponenza e di disonestà intellettuale.Tuttavia, ecco qui il punto, l'ottimista non è detto abbia ragione, però preferisce voltare lo sguardo alla vetta della montagna e non al dirupo.  Le probabilità di sopravvivenza dovrebbero teoricamente essere le stesse, però sicuramente la mente di chi guarda la vetta sorriderà e se poi è vero che fisico e spirito sono un tutt'uno, allora anche il resto del corpo ringrazierà. 
Ancora una volta mi si propone  un quesito: meglio ingannarsi e vivere felicemente o sforzarsi di cercare la verità per rischiare di vivere nella  disperazione? E' importante solo il fine o anche il mezzo?

sabato 6 giugno 2015

“Una mela al giorno toglie il medico di torno. Basta avere una buona mira.”



Il buon ortodontista svolge con scrupolo il suo lavoro, sembra una persona onesta e pratica.
Mi dice: "guarda Elia, la dentatura a me sembra a posto, forse questo leggermente, forse l'altro lievemente, ma sarebbero comunque cose appena appena, quisquilie, piccinerie. Io onestamente non farei, non andrei, non credo ne varrebbe la pena. Si potrebbe provare questo ma anche in quel caso non assicurerei. Io non "arei", "erei", "irei".
E poi la luce; arriva questo luminare, collaboratore di una importante squadra di calcio, una cinquantina d'anni forse più, un tipo sportivo, capello brizzolato, ben tenuto e meglio vestito.
Mi guarda. Solite domande di rito : "Cos'hai? Cosa fai? Quanto ne fai?".
Mi scruta la bocca, mi torce il collo a destra e a sinistra. Poi inizia ad esporre la sua certezza al dentista
: "vedi lui è chiaramente così, e quelli che sono così hanno le gambe fatte colà e colì".
Poi mi dice :" Lazzaro, alzati e cammina". "Ti fa male?". Rispondo di sì. "Quando ti fa male?". Dico che mi fa male quando muovo la gamba cosà e così. "Bene, ricoricati supino".
Va alla ricerca di un cartoncino me lo infila tra i denti, mi fa alzare il braccio. Lui spinge verso il basso e io devo opporre resistenza. Mi torce nuovamente il collo e rivolto agli atri medici presenti: "vedete, è già più morbido". Mi pare annuiscano...
"Bene" mi fa, "alzati e cammina" (in 2 metri quadrati). "Deglutisci, muovi la gamba cosà e così; "ti fa male?".
Io ho sempre il cartoncino infilato in bocca. La mia mente lavora a tutta per trovare un minimo sollievo, per discernere minime sensazioni; alla fine mi aggrappo ad una impressione di un millesimo di secondo ed accenno che forse il miglioramento c'è.
Il luminare mi fa ricoricare e ripete l'operazione di prima. Solo che questa volta non mento più e quando mi alzo di nuovo non c'è alcun miglioramento. Mi sento anche ridicolo e mi pare di avvertire la diffidenza degli altri medici.
Riproviamo 3 o 4 volte. Lui fa le sue operazioni, cambia la posizione del cartoncino, io muovo la gamba così e cosà ma il dolore proprio non se ne va.
Il luminare si ferma accigliato,pensa e poi..."no, ma comunque è come ho detto io".
"E' chiaro, lui ha un problema lì e questo comporta uno squilibrio là che poi fa venire l'infiammazione qua"
Il dentista: "sì, ma in pratica come facciamo?"
Il luminare: "eh, ma basta spostare questo su, quello giù e così sistemi quello lì e l'altro là"
E  il buon ortodontista: "però bisognerà vedere se c'è spazio per fare questo e per fare quello"
Il luminare è fermissimo quando afferma "è un nonnulla, per il vostro studio sono bazzecole"

Io con il mio cartoncino in bocca sprofondo sempre più nella poltrona. Ho già capito che non uscirò più da questo infortunio.


martedì 2 giugno 2015

All' Hôtel de Rambouillet..."Grandi Speranze"





TITOLO: Grandi Speranze
AUTORE: Charles Dickens
CASA EDITRICE: Garzanti Editore s.p.a
EDIZIONE: prima edizione digitale 2013
PREZZO: c.a. € 2,50
(questa versione presenta un finale revisionato. Dickens propose infatti due finali differenti, uno chiamato "finale originale" e poi la sua revisione che ha un po' più il sapore di "e vissero tutti felice e contenti")

Grandi speranze è un romanzo che cade a fagiuolo in questo periodo della mia vita.
Mesi fa il mio zapping si fermò su una rete che trasmetteva un film ambientato in epoca vittoriana.
Purtroppo il film era ormai iniziato e così potei farmi una idea solo approssimativa della trama; tuttavia restai incollato allo schermo grazie anche alla fascinazione per un personaggio, di cui dirò alla fine.
Nei giorno successivi qualche ricerca mi istruì sul fatto che la pellicola si intitolava appunto "Grandi Speranze", era un film del 2012 diretto da Mike Newell ed era la trasposizione dell'omonimo romanzo di Charles Dickens. Visto l'interesse suscitato decisi di leggere il libro.
L'opera è un romanzo di formazione, ossia vengono raccontate le vicende di Philip Pirrip, detto Pip, dal 1812 al 1840, ossia dalla sua fanciullezza fino all'età matura.
Proporre una trama avrebbe poco senso, dato che in rete se ne trovano numerose e meglio scritte di quanto potrei fare io.
Per contestualizzare posso solo dire che Pip è un orfano allevato dalla sorella e dal cognato, vive in un rurale paesino del Kent, vicino alle zone paludose alla foce del Tamigi. Durante l'adolescenza entra in possesso di una ingente fortuna grazie alla generosità di un anonimo benefattore. L'avvenimento accende in Pip inaspettate, quanto mai desiderate, speranze e rappresenta l'occasione per uscire dalla miseria e dall'ignoranza della provincia. Il protagonista è convinto che l'enigmatico benefattore sia in realtà Miss Havisham, una nobile che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice. Tuttavia il passato si farà improvvisamente presente e si paleseranno verità che rimetteranno in discussione la nuova posizione sociale di Pip, le sue speranze future, i suoi valori e sentimenti.


Non sono un letterato ne ho la cultura necessaria per esprimere giudizi di qualche valore su un romanzo di tale caratura. Propongo solo le mie umili impressioni.
Come per altri romanzi ottocenteschi, ho trovato poco realistiche (sempre che si cercasse il realismo) le trame intricate e la complessità di relazioni che si vengono a creare tra i personaggi. Ci sono un sacco di coincidenze artificiose che francamente non apprezzo molto. Propongo uno stupido schemino che da l'idea del groviglio.


Detto ciò, le fotografie che la lettura della pagine sa trasferire alla mente è incredibile. Vividi fotogrammi della Londra ottocentesca e Vittoriana. Il tema "grandi speranze" è un tema potente, chissà quanti hanno nutrito grandi speranze e sono poi stati costretti a ridimensionarle o addirittura a metterne in discussione l'importanza. Per alcuni aspetti, il libro sembrerebbe ammonirci a non riporre nel futuro grandi speranze; in realtà credo che si voglia trasmettere il messaggio per cui le aspirazioni "sane" (come quelle di Herbert) e l'ambizione sono sacrosante, ma non devono rischiare di cancellare i veri valori. Insomma, banalmente, gli affetti veri e sinceri valgono più di qualsiasi ricchezza.

Helena Bonham Carter, interprete di Miss Havisham nel trasposizione cinematografica del 2012. Tra i suoi film anche "Frankenstein di Mary Shelley e Harry Potter in cui interpreta il ruolo della malvagia e pazza Bellatrix Lastrange.

Il mio personaggio preferito, quello nel quale più mi sono rispecchiato  ed il motivo che mi ha portato a leggere questo romanzo è Miss Havisham. Questa nobildonna pare sia ispirata ad un reale personaggio storico, tale "Eliza Emily Donnithorne (1827-1886) di Camperdown, Sydney, Australia, venne abbandonata dal fidanzato ilgiorno delle nozze nel 1846 e passò il resto della vita in una casa oscuratadalle tenebre, lasciando a marcire la torta nuziale sul tavolo, e con la portadi casa sempre aperta nel caso il fidanzato fosse mai tornato".
Ora, non mi si fraintenda, in confronto a Miss Havisham sono un dilettante, ma diciamo che certe logiche nell'elaborazione del dolore mi sono affini. Il voler mantenere la vita congelata al momento, all'attimo di secondo anteriore allo scoppio del dolore credo sia una immagine molto struggente.
Chiudo con alcune citazioni di questo libro, partendo proprio da una riferita a Miss. Havisham dalla quale traspare un preciso ritratto del personaggio.

"Ma sapevo altrettanto bene che, chiudendo fuori la luce del giorno, aveva chiuso fuori infinitamente di più; che nel suo isolamento, si era isolata da mille influssi naturali e salutari; che la sua mente, rimuginando in solitudine, si era ammalata, come accade e deve accadere e accadrà, a tutte le menti che invertono l'ordine designato dal loro Creatore. E come potevo fare a meno di averne pena, vedendone la punizione nella rovina che era, nella profonda inadeguatezza a vivere nel mondo che le era toccato, nella vanità del dolore che si era fatta mania dominante, come la vanità della penitenza, lavanità del rimorso, la vanità del demerito e altre mostruose vanità che sono le sciagure che affliggono il mondo?"

"fu portata qui (la torta). Ci siamo consumate insieme. Quella l'anno rosicchiata i topi, e denti più aguzzi di quelli dei topi hanno roso me"

"E non c'era obiezione o errore, perchè Pip così voleva il tuo cuore"

"Furia che viene, furia che va, Pip - così è la vita!"

"E allora cerca di capire una volta per tutte che io non starò mai bene, non potrò mai stare bene, potrò solo star male - adesso lo sai! - a meno che non riesca a vivere una vita molto diversa da quella di adesso"

"Ma una mente sconquassata ha bisogno di molto tempo per rimettersi insieme; e spesso, prima di aver risistemato tutti i pezzi, un pensiero vagante li disperdeva in ogni direzione"

"Sa Dio che non dovremmo mai vergognarci delle nostre lacrime, poichè sono pioggia sull'accecante polvere della terra che ci ricopre il cuore indurito".

"Ti dirò, disse,...cos'è il vero amore. E' devozione cieca, silenziosa umiliazione, sottomissione totale, fede assoluta contro se stessi e il mondo intero, abbandono del proprio cuore e della propria anima all'aguzzino"


"Avvilito e inquieto, a lungo fiducioso che l'indomani o la settimana successiva chiarissero la mia condizione, e a lungo deluso"

domenica 3 maggio 2015

VAE VICTIS!






Non doveva essere questo il tono del post.
Pian piano recupero la calma necessaria a scrivere qualche riga.
Due chiamate di amici sono state preziose a riordinare la mente.
Dopo 4 mesi di preparazione il traguardo non ci è stato. Ho dovuto rinunciare alla Mezza Maratona di Piacenza per la seconda volta in due anni.
Io so di essere un pessimo esempio di sportivo, non sono ne maturo ne stabile; come dice una canzone, sicuramente esagero e prendo le cose troppo sul serio per sentirmi più vero. Ma sono e voglio essere sincero e non ho intenzione di scrivere balle. Non sono la persona in armonia con se stesso e con lo sport che pratica e non mi interessa farlo credere.
Quest'anno ho cercato di fare le cose per bene, ho seguito un programma di allenamento, ma non è servito o bastato. L'ennesima beffa, un infortunio a 2 giorni dalla corsa mi ha costretto a staccare il numero dopo 3km.
Ripeto, sono un pessimo sportivo e forse anche un pessimo uomo.
La mia prima reazione, ed anche la seconda é sempre alzare furioso i pugni al cielo contro un destino cinico e baro.
Mi si dice "non è il tuo lavoro", "sei un amatore", " la vita é altro".
Bravi, bravissimi tutti quanti, però quello che alla sera fatica nel buio sono io, quello che tante volte deve scavalcare la stanchezza la poca voglia e l'affaticamento sono sempre io. La fatica la sento io come la sente un professionista e anche le delusioni, immagino
Mi si dice "lo sport è così, fatto di poche gioie e tante batoste" ; su questo sono d'accordo però mi segno che poche non vuol dire nussuna.

Da questa resa incondizionata che rimane? Per me rimarrebbe solo un vuoto che mangia dentro, ma per mia grande fortuna sono circondato da persone che sono anche grandi esempi. Non parlo di campioni, parlo di gente comune, amatori come me, con in più una famiglia o una azienda. 
La sconfitta fa male, e questa ha per giunta il sapore amaro della beffa. Non sono forte, le sconfitte mi mettono al tappeto facilmente ma in compenso ho sufficiente grinta per rialzarmi.
Qualcosa é da cambiare, perchè se l'infortunio è accaduto solo giovedì, ve ne erano le premesse giá da un mese, ma ora che devo guarire ci sará modo e tempo per riflettere.

Scusatemi, infine se cito miti di cartapesta, ma sfido a dire che non sia vero nello sport come in generale:

Ora ti dirò una cosa scontata: guarda che il mondo non è tutto rose e fiori, è davvero un postaccio misero e sporco e per quanto forte tu possa essere, se glielo permetti ti mette in ginocchio e ti lascia senza niente per sempre. Né io, né tu, nessuno può colpire duro come fa la vita, perciò andando avanti non è importante come colpisci, l'importante è come sai resistere ai colpi, come incassi e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti... così sei un vincente! (Rocky Balboa)

lunedì 13 aprile 2015

On the road again...the conquerors!

Presso Farini (Pc), il semaforo è verde!


Stasera durante una delle mie sporadiche pedalate mi veniva in mente la strofa di Fedez "certe cose sono come l'hiv, ce l'hai nel sangue", ed è vero certe cose fan parte di te, il seme attecchì in profondità, la pianta ha ormai radici forti e mai nessuno o qualcosa riuscirà a sradicarla.
Non credo che la nostalgia e l'essere convinto dei cambiamenti attuali siano in contrasto, ogni scelta comporta delle rinunce e tali rimangono anche di fronte ai nuovi benefici.
Mi veniva anche da riflettere su come ormai la bici per me sia uguale alle due dita di vino annacquato che concedevano a mio nonno a Natale, dopo anni di ubriacature. Ma questa è un'altra storia.
Oggi voglio parlare di una cosa che solo il ciclismo e poco altro ti possono dare. Non me ne voglia l'atletica, ma tra le tante sue virtù e qualità non può annoverare questa. 
Io la chiamo "L'appropriazione dei luoghi".
Il corridore corre contro il tempo che per sua natura non ha ne luogo, ne forma, ne epoca.
Il ciclista invece corre contro gli ostacoli materici delle conformazioni naturali o delle opere dell'uomo (come nel caso del pavè).
Il ciclismo è tradizione ma sopratutto è memoria dei luoghi. Si ricorda un record di Zatopek, poco importa dove avvenne; ma di Coppi si ricorda l'impresa alla Cuneo-Pinerolo, lo scatto di Pantani all'Alpe d'Huez, l'arrivo di Ballerini a Roubaix con la dedica sulla maglia "Merci Roubaix". Non è un caso che nel ciclismo ci siano uomini che ringraziano città e vincitori che ricevono per premio un pezzo di strada.

Foresta di Aremberg, muro di Grammont, Cauberg, Redoute, Mortirolo, Croix de Fer, Marmolada, Mont Ventoux sono nomi evocativi, hanno un loro spirito. Basta il loro sussurro per incutere timore ed emozioni, come avviene con i nomi delle cime e delle vie per gli alpinisti.
Il ciclista è un conquistatore di luoghi ed in quanto tale alla fine li sente suoi. Io sentivo miei gli appennini piacentini, e quasi mi infastidivano gli usurpatori che alla domenica percorrevano le valli durante la gita fuori-porta. Non potevano avere i miei stessi diritti di passaggio, io mischiavo quotidianamente sudore e speranze con il bitume di quelle strade, conoscevo ogni metro di quelle strisce d'asfalto, mi sentivo il Cortès della Val Nure. I centauri feriali sfrecciavano via in fretta, ma io al Lunedì ero ancora li ad ansimare in quell'aria

Ora non posso più accampare tali diritti, altri ormai battono quelle montagne, nuovi conquistadores verranno e se ne andranno. Io però il mio bottino ho fatto in tempo ad arraffarlo, un forziere di immagini, odori, sensazioni e ricordi che mi porterò sempre con me





lunedì 30 marzo 2015

29.03.15 - SANTANDER MEZZA MARATONA CITTA' DI TORINO





Mi ricordo quelle giornate d'agosto trascorse sulla costa adriatica, era la metà degli anni 90' e i grandi portavano al polso degli orologi meravigliosi. Erano gli orologi dei sub. La mia immaginazione restava rapita all'idea che quegli orologi fossero subacquei, con quelli addosso si poteva andare addirittura a 50m di profondità, ed erano svizzeri (dove però il mare non c'è). Mamma, che belli, tutti colorati, con la ghiera che girava per poter tenere il conto dei minuti di ossigeno nelle bombole. Che fortunati erano i grandi, mia zia aveva addirittura quello  con le pinne di squalo. Era proprio da sub, quello.
20 anni dopo un orologio del genere me lo ritrovo al polso, al via di una mezza maratona. Lo swatch scuba.
Nel frattempo ho imparato anche il nome del modello, prima era semplicemente lo swatch, però la mente di un adulto è insipida a volte anche triste. Quell'orologio smette di sembrare un oggetto tecnologico, al polso di intrepidi esploratori dei mari tropicali, e diventa un pezzo di modernariato di poco valore e di scarsa qualità costruttiva.
La mia noiosa mente di semi-adulto avrebbe voluto al polso il noioso Garmin, ma quest'ultimo era talmente annoiato da se stesso che sabato notte ha deciso di non caricarsi.
E allora via, mettiamoci al polso questo ridicolo scuba, utile come una meridiana, ma poi mi dico la gente ha sempre corso senza gps, ma poi mi rispodo, sì la gente, ma tu senza gps non ti lavi nemmeno i denti, e poi questo cavolo di fastidio alla bandelletta, proprio stamattina mi doveva saltare fuori?
Per fortuna lo sparo fa sparire queste paranoie e via, si va verso una corsa fatta solo di sensazioni. Teoricamente, dovevo fare una mezza controllata, ma io francamente non ne sono capace. Io quando mi attacco il numero urlo "all'arrembaggio" e mi metto il coltello tra i denti, sopratutto se la corsa è lontana da casa, sopratutto se devo spendere i danei per farla. Vorrà dire che gareggerò poco, ma quando gareggio, gareggio.
Il percorso è molto motivante, è all'interno di Torino, con partenza e arrivo in piazza S. Carlo, e già questo gli fa guadagnare dei punti. Nonostante abbia corso per quasi 16 km in solitudine la mia mente non si è mai annoiata; anche questo conta. la strada non è quasi mai completamente pianeggiante ma sale o scende leggermente, con anche qualche tratto sui "lastroni" e tra le rotaie del tram che un po' di fastidio lo danno.
Taglio il traguardo e ad un ragazzo che ho superato proprio sulla riga chiedo: che tempo hai fatto? sui 17 mi risponde. Però, bene, non l'avrei sperato. Alla fine tempo ufficiale 1:17.42, mio primato.

 Bene, avanti così.

martedì 24 marzo 2015

CINISMO DELLE 22 E 30




"Le verità cercate per terra da maiali, tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali".
 Adoro questa strofa del Cirano di Guccini. Le mie ali però spesso cadono, si sciolgono come quelle di Icaro.
Io di amore non dovrei parlare perché quando ne parlo, parlo di ciò che non conosco. Ma all'amore mi viene naturale pensare, anche se questo mi fa sentire il Giacomo di Recanati che osservava la donzelletta
La schiatta della scimmia eretta sembra non avere altra ragione di vita che l'amore, le sue più grandi espressioni sono proprio legate a questo sentimento.
Quando però il sole mi scioglie le ali, inizio a pensare che l'uomo è un essere superbo ed illuso, avvolge con le parole più sublimi ed alte  ciò che forse è solo una delle tecniche di sopravvivenza più geniali adottate da un essere vivente.
 L'amore, fa incontrare le persone, le fa credere di essere una cosa sola, uniti contro le difficoltà della vita. L'amore, garantisce la continuazione della specie, offre ottime probabilità di sopravvivenza della prole. L'amore dei genitori fa sì che ci siano 2 individui che si occupino del cucciolo d'uomo, e se ne occupano ben oltre l'indispensabile aiutandolo addirittura a trasmettere il proprio patrimonio genetico e nella crescita della prole di lui. L'amore poi è in grado di compattare gruppi sociali che vanno oltre la consanguineità ed arriva addirittura ad unire intere nazioni contro minacce esterne.
L'uomo poi, ha una precisa idea del fine, del limite e della morte. Come può, povera creatura portare questo fardello tutto da solo? Ne deve condividere l'onere.
Vista sotto questa prospettiva l'uomo non sembra meno bestia degli altri animali.
Forse, sminuire così tanto o addirittura insultare la sacralità dell'amore, non ne rende meno fondamentale la ricerca.
Forse, il renderci conto della piccolezza di ciò che ci rende felici, non ne deve impedire il perseguimento.
Forse siamo davvero nullità, figurarsi cosa devono essere le cose che ci tengono in vita.

Forse, è meglio che calo, perchè a 190bpm non arriva molto ossigeno al cervello, e di conseguenza i pensieri ne risentono...

domenica 22 marzo 2015

22.03.15 - RUN DONATO - 10KM




Quando andavo all'Università c'erano quelle gelide mattine nelle quali,avendo puntato la sveglia alle 5:45, qualsiasi mezzo di trasporto pubblico riscaldato diventava la più soporifera delle culle.
 Persino il marcio, scomodo ed affollato treno regionale, conciliava con il suo dondolio ed il suo tepore delle dormite epiche. Quante volte ho fantasticato su come sarebbe stato bello se il treno avesse proseguito la sua corsa (si fa per dire) oltre Milano, verso le Alpi, concedendomi altre ore di sonno glorioso. Ed invece no, la mia sveglia mentale squillava esattamente all'altezza di San Donato, i palazzoni della Bmw e dell'Enel erano li ad aspettarmi ricordandomi che la giornata era definitivamente iniziata.
Tutta questa intro per dire che oggi a S. Donato ci ho corso. Che noioso.
Pioggerella,  tempo umido, percorso di 9km e 900m ed una prestazione che non mi soddisfa nemmeno un po'. 
Potrei dire, cheè stata una settimana di melma, che in corsa non ho sfruttato quasi il ritmo di nessuno, che l'umidità mi ha frenato le gambe, che in partenza sono stato ostacolato ma saprebbero tutte di scuse. Però intanto le ho dette.
La verità è che rispetto alla mia prima gara 2015 di 3 settimane fa non sono migliorato, anzi sono peggiorato leggermente.
Stranamente le sensazioni non erano neppure malvagie, ho sofferto anche meno rispetto al solito, ed è questo secondo me il punto, perché oggi è come se non fossi riuscito ad arrivare veramente al limite, appena prima entrava in azione il limitatore che, se da un lato mi ha permesso di fare una gara regolare, dall'altro non mi ha concesso di osare.Tempo allo sparo 35'28", 36esimo (su 663 persone, almeno fa un po' figo)




Prossima settimana andrò a fare la mezza maratona di Santander a Torino, distanza sulla quale non mi sento affatto pronto, però se non altro sarà un ottimo allenamento e l'occasione per rivedere Torino, città in cui l'ultima volta che andai avevo 9 anni, per cui è il caso di ritornarci. Dicono che Torino sia la più parigina tra città italiane, se è così è già la città giusta in cui correre.

Buona settimana, buone corse, buon tutto.


PS. ah, dimenticavo, questo lo voglio scrivere. Mancano 10 minuti alla partenza, vedo che c'è già tanta gente al nastro di partenza e allora mi accodo. Poi noto che tante persone finiscono tranquillamente il loro riscaldamento e si posizionano davanti. I giudici chiaramente non fanno una piega. 
Io sono il primo a dire che uno che fa 10km in 30 minuti debba partire davanti, il problema è che davanti si posizionano fenomeni che a fare quella distanza ce ne mettono 45 di minuti. Poi si vantano di essere sportivi, ma la loro sportività dove sta? Ci si lamenta dei tanti problemi di questo paese, ma se anche nel ludico diamo la prova di non essere in grado di rispettare le regole e nemmeno di farle rispettare, sarebbe il caso di tacere. Chi è causa dei propri mali pianga se stesso. In partenza io qualche spintone l'ho dato e qualche nomaccio me lo sono preso, del tutto meritato, tra l'altro, ma mi devo pur difendere dalla prepotenza.  

domenica 15 marzo 2015

11° settimana 2015


Questa settimana è passata velocissimevolmente.
Se dovessi riassumerla in due parole direi settimana da"magro e famelico", perchè è proprio quello che la mia testolina sta pensando di me stesso.
 Finalmente ho di nuovo fame di fatica e sono concentrato e motivato per un obiettivo.
Sono esaltato? Sì, e comprendo tutta la negatività che c'è dietro questo pensiero, una pericolosa sensazione di bastare a se stessi e una reale paura di far gravitare per l'ennesima volta la mia vita attorno ad inutilità e a vanagloriosi scopi.
Per il momento mi godo la duplicazione dell'energia che l'esaltazione offre, ma so già che ben presto dovrò tornare a fare i conti con aspetti non piacevoli del mio pensiero, che le endorfine derivanti da una corsa possono solo nascondere ma non cancellare.
La strada verso l'accettazione di se stessi è lunga e la corsa non può darmi una mano
Che ci volete fare, rivendico tutto  il diritto "mannoiano" di essere dolcemente complicato nonostante l'essere uomo

Ecco cosa si è fatto questa settimana:

LUNEDI': lipidico in piano, sostituito con 1h di rulli
MARTEDI': lipidico in piano (10' di riscaldamento <150bpm + 35'<160bpm)
MERCOLEDI': ripetute brevi in piano (3,5km riscaldamento +5 allunghi 10' + 10x400m da 1'19" a 1'16" rec 1'45"
VENERDI': corto veloce in piano (5 km di riscaldamento+ 4 km in progressione da 3'55" a 3'40" + defaticamento)
DOMENICA: intervall training (3,5 km di riscaldamento+ 4 allunghi10" + 5x(1000m in 3'30" intervallati da 1000m in 4'30" + 10-12' defaticamento)


Buon Lunedì, mancano solo 5 giorni al Sabato 

domenica 8 marzo 2015

10° settimana 2015





Questi sono gli allenamenti e le tracce Garmin della decima settimana 2015, nonché seconda settimana di tabella.

Lunedì: deciso per il riposo

Martedì: lipidico in piano (durata 35'), 10' di riscaldamento entro i 150 bpm + resto della seduta entro i 160bpm + stretching.

Mercoledì: ripetute brevi in pista: 3,5 km di riscaldamento lento e progressivo + 5 allunghi di 10" senza forzare con 30" di recupero al passo. 10X300m in progressione da 58" a 56" con 1'30" di rec. a corsa lenta+10' di defaticamento + stretching
Questi i tempi dei 10 300 mm:

1) 0:57.5
2) 0:57.1
3) 0:56.1
4) 0:56.3
5) 0:55.8
6) 0:56.3
7) 0:54.6
8) 0:55.4
9) 0:55.9
10)0:54.8

Giovedì: non era previsto nulla, per mantenere i 5 allenamenti settimanali (dato che Lunedì ho fatto niente) ho corso per 10 km a 174 bpm medi. Piuttosto stanco

Venerdì: riposo

Sabato: corto veloce corso sull'argine: 3,5km di riscaldamento lento + 3 allunghi di 10" con ritorno al passo + 4 km in progressione da 3'55" a 3'40" al km (velocizzare di 5" al km). Dato il vento a favore ho deciso autonomamente di abbassare i tempi di 5". 1° km corso i 3':44", 2°km in 3':47", 3°km in 3':37", ultimo km in 3':32".

Domenica: allenamento lievemente ondulato: durata 1h20' circa, primo quarto d'ora di riscaldamento,
poi tratti in piano entro i 160bpm, tratti in salita entro i 175bpm, tratti in discesa cercando di curare la tecnica. In realtà, dato le sensazioni meravigliose (successo 3/4 volte da quando corro) mi è venuto naturale correre un po' più forte del dovuto  



Buona settimana a tutti

sabato 7 marzo 2015

IN VIAGGIO


Pensieri al termine di un allenamento allo stadio Dordoni,
dove le fatiche e le preoccupazioni della giornata si sciolgono inaspettatamente sotto il
cielo notturno




IN VIAGGIO


In fine mi distendo, 
abbandonato sotto la volta nera, ora resa di bronzo dalle luci
Tum tum,
le tempie nelle orecchie,
il cuore ricorda le battute di poco fa.
Dono il mio calore al cielo,
sale leggero come le lingue di fuoco,
leggero come il pensiero mio attuale.
Tum tum.
La mente rintontita galleggia, cullata nell'oceano del firmamento
E lì, inerte con lo sguardo nel vuoto profondo,
oso un'idea potente:
Sono grato alla vita


(E.R)


Cielo Stellato con la strada della vita - Sergio Lai