sabato 27 giugno 2015

All' Hôtel de Rambouillet..."Unbroken"






Titolo: "Unbroken"
Autore: Laura Hillenbrand
Casa Editrice: Mondadori
Edizione: 2 Dicembre 2014
Pagine: 464
Prezzo: € 9,99 ( versione digitale per dispositivi iOS con iBooks 1.3.1)
Consiglio: La prima edizione di questo libro è stata pubblicata nel 2012 da Mondadori con il titolo "Sono ancora un uomo". Volendo leggere la versione cartacea ho aspettato 2 mesi perchè la libreria Mondadori di Piacenza non riusciva a trovare il libro, e ci credo, nel frattempo era stato ristampato con un titolo diverso...



Leggere è un modo per assaggiare vite diverse dalle nostre, per vivere in luoghi e tempi diversi dagli attuali.
Una biografia poi, se scritta con onestà e senza ricorrere ad aggiunte romanzate, può aprire nuove finestre e farci vedere il mondo da angolazioni non considerate prima.
Io , se non fossi così ossessivamente preso da me stesso, da un libro come "Unbroken" e da un uomo come Louis Zamperini avrei tanto, ma tanto tanto da imparare e sui cui riflettere.
Prima di parlare del libro, voglio ribadire che lo consiglio e lo "stra" consiglio e sicuramente chi ha la passione per la corsa e lo sport lo potrà apprezzare ancora di più.
Unbroken è la biografia di Louis "Louie" Zamperini nata dalla penna di Laura Hillenbrand, la quale ha avuto la possibilità di scavare nella vita di Louie per sette anni attraverso settantacinque interviste e migliaia di domande. Lo stesso Zamperini disse "Quando voglio sapere cosa mi è successo in Giappone, telefono a Laura".
Giusto per contestualizzare, Louis Zamperini, morto nel recente 2014, nacque nello stato di New York nel 1917 da genitori italiani (semo er mejo).

"E poi c'era il fattore etnico. Nei primi anni Venti gli italiani a Torrance erano così disprezzati che quando gli Zamperini arrivarono in città, i vicini presentarono una petizione al comune perchè venissero allontanati"

Giovane e talentuoso "miler" partecipò alle Olimpiadi di Berlino 1936 nei 5000m piani.

"Detestava correre, ma gli applausi erano inebrianti e la prospettiva di averne altri fu un incentivo sufficiente perchè diventasse relativamente accondiscendente"


Stava coltivando duramente il sogno di correre nei 1.500m nei giochi olimpici successivi quando il secondo conflitto mondiale travolse l'umanità e lo costrinse ad abbandonare le scarpette chiodate e ad arruolarsi come puntatore tra le file degli "Air Corps". Nel 1942 il suo B24 precipita mentre era  impegnato nella ricerca di un aereo disperso nello sconfinatoo scacchiere del Pacifico. Da quel momento in poi, come dice il sottotitolo del libro, sarà "Sopravvivenza, Resistenza, Riscatto".
Come al solito non aggiungo altro, l'eventuale piacere della lettura e della scoperta non può essere negato. La rete scoppia di recensioni e riassunti di questo libro, dal quale tra l'altro è stato tratto anche il film.
Propongo una citazione che credo sia il punto nodale di questo libro:

"Forse la differenza era di ordine biologico: è possibile che alcuni individui siano programmati per l'ottimismo e altri per il dubbio....Forse le rispettive storie personali avevano determinato nei tre sul canotto diverse e contrastanti convinzioni sulle proprie capacità di superare le avversità"


  Sopratutto la prima frase mi ha fatto riflettere e la ritengo una grande verità, c'è gente che ha un così forte attaccamento e amore per la vita che è spinta naturalmente verso l'ottimismo. Io temo di essere stato programmato per il dubbio; non credo però sia di per se una caratteristica necessariamente negativa. Se si è dubbiosi vuol dire che sì è anche  abbastanza intelligenti per capire che la realtà è talmente complessa che  prendere fermamente una posizione, o guardare in una sola direzione equivale ad un atto di supponenza e di disonestà intellettuale.Tuttavia, ecco qui il punto, l'ottimista non è detto abbia ragione, però preferisce voltare lo sguardo alla vetta della montagna e non al dirupo.  Le probabilità di sopravvivenza dovrebbero teoricamente essere le stesse, però sicuramente la mente di chi guarda la vetta sorriderà e se poi è vero che fisico e spirito sono un tutt'uno, allora anche il resto del corpo ringrazierà. 
Ancora una volta mi si propone  un quesito: meglio ingannarsi e vivere felicemente o sforzarsi di cercare la verità per rischiare di vivere nella  disperazione? E' importante solo il fine o anche il mezzo?

2 commenti:

  1. domande facili facili eh... :)
    propongo un finale ottimista del libro: il canotto approda in un atollo del pacifico dotato di migliaia di ragazze polinesiane dai costumi, per così dire, privi di tabù e il nostro eroe fa 56 figli con 34 di loro.
    in alternativa, un finale tragggico: la moglie americana lo becca e se lo riporta in patria :)

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  2. E fare 56 figli me lo chiami un finale ottimista???

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