martedì 2 giugno 2015

All' Hôtel de Rambouillet..."Grandi Speranze"





TITOLO: Grandi Speranze
AUTORE: Charles Dickens
CASA EDITRICE: Garzanti Editore s.p.a
EDIZIONE: prima edizione digitale 2013
PREZZO: c.a. € 2,50
(questa versione presenta un finale revisionato. Dickens propose infatti due finali differenti, uno chiamato "finale originale" e poi la sua revisione che ha un po' più il sapore di "e vissero tutti felice e contenti")

Grandi speranze è un romanzo che cade a fagiuolo in questo periodo della mia vita.
Mesi fa il mio zapping si fermò su una rete che trasmetteva un film ambientato in epoca vittoriana.
Purtroppo il film era ormai iniziato e così potei farmi una idea solo approssimativa della trama; tuttavia restai incollato allo schermo grazie anche alla fascinazione per un personaggio, di cui dirò alla fine.
Nei giorno successivi qualche ricerca mi istruì sul fatto che la pellicola si intitolava appunto "Grandi Speranze", era un film del 2012 diretto da Mike Newell ed era la trasposizione dell'omonimo romanzo di Charles Dickens. Visto l'interesse suscitato decisi di leggere il libro.
L'opera è un romanzo di formazione, ossia vengono raccontate le vicende di Philip Pirrip, detto Pip, dal 1812 al 1840, ossia dalla sua fanciullezza fino all'età matura.
Proporre una trama avrebbe poco senso, dato che in rete se ne trovano numerose e meglio scritte di quanto potrei fare io.
Per contestualizzare posso solo dire che Pip è un orfano allevato dalla sorella e dal cognato, vive in un rurale paesino del Kent, vicino alle zone paludose alla foce del Tamigi. Durante l'adolescenza entra in possesso di una ingente fortuna grazie alla generosità di un anonimo benefattore. L'avvenimento accende in Pip inaspettate, quanto mai desiderate, speranze e rappresenta l'occasione per uscire dalla miseria e dall'ignoranza della provincia. Il protagonista è convinto che l'enigmatico benefattore sia in realtà Miss Havisham, una nobile che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice. Tuttavia il passato si farà improvvisamente presente e si paleseranno verità che rimetteranno in discussione la nuova posizione sociale di Pip, le sue speranze future, i suoi valori e sentimenti.


Non sono un letterato ne ho la cultura necessaria per esprimere giudizi di qualche valore su un romanzo di tale caratura. Propongo solo le mie umili impressioni.
Come per altri romanzi ottocenteschi, ho trovato poco realistiche (sempre che si cercasse il realismo) le trame intricate e la complessità di relazioni che si vengono a creare tra i personaggi. Ci sono un sacco di coincidenze artificiose che francamente non apprezzo molto. Propongo uno stupido schemino che da l'idea del groviglio.


Detto ciò, le fotografie che la lettura della pagine sa trasferire alla mente è incredibile. Vividi fotogrammi della Londra ottocentesca e Vittoriana. Il tema "grandi speranze" è un tema potente, chissà quanti hanno nutrito grandi speranze e sono poi stati costretti a ridimensionarle o addirittura a metterne in discussione l'importanza. Per alcuni aspetti, il libro sembrerebbe ammonirci a non riporre nel futuro grandi speranze; in realtà credo che si voglia trasmettere il messaggio per cui le aspirazioni "sane" (come quelle di Herbert) e l'ambizione sono sacrosante, ma non devono rischiare di cancellare i veri valori. Insomma, banalmente, gli affetti veri e sinceri valgono più di qualsiasi ricchezza.

Helena Bonham Carter, interprete di Miss Havisham nel trasposizione cinematografica del 2012. Tra i suoi film anche "Frankenstein di Mary Shelley e Harry Potter in cui interpreta il ruolo della malvagia e pazza Bellatrix Lastrange.

Il mio personaggio preferito, quello nel quale più mi sono rispecchiato  ed il motivo che mi ha portato a leggere questo romanzo è Miss Havisham. Questa nobildonna pare sia ispirata ad un reale personaggio storico, tale "Eliza Emily Donnithorne (1827-1886) di Camperdown, Sydney, Australia, venne abbandonata dal fidanzato ilgiorno delle nozze nel 1846 e passò il resto della vita in una casa oscuratadalle tenebre, lasciando a marcire la torta nuziale sul tavolo, e con la portadi casa sempre aperta nel caso il fidanzato fosse mai tornato".
Ora, non mi si fraintenda, in confronto a Miss Havisham sono un dilettante, ma diciamo che certe logiche nell'elaborazione del dolore mi sono affini. Il voler mantenere la vita congelata al momento, all'attimo di secondo anteriore allo scoppio del dolore credo sia una immagine molto struggente.
Chiudo con alcune citazioni di questo libro, partendo proprio da una riferita a Miss. Havisham dalla quale traspare un preciso ritratto del personaggio.

"Ma sapevo altrettanto bene che, chiudendo fuori la luce del giorno, aveva chiuso fuori infinitamente di più; che nel suo isolamento, si era isolata da mille influssi naturali e salutari; che la sua mente, rimuginando in solitudine, si era ammalata, come accade e deve accadere e accadrà, a tutte le menti che invertono l'ordine designato dal loro Creatore. E come potevo fare a meno di averne pena, vedendone la punizione nella rovina che era, nella profonda inadeguatezza a vivere nel mondo che le era toccato, nella vanità del dolore che si era fatta mania dominante, come la vanità della penitenza, lavanità del rimorso, la vanità del demerito e altre mostruose vanità che sono le sciagure che affliggono il mondo?"

"fu portata qui (la torta). Ci siamo consumate insieme. Quella l'anno rosicchiata i topi, e denti più aguzzi di quelli dei topi hanno roso me"

"E non c'era obiezione o errore, perchè Pip così voleva il tuo cuore"

"Furia che viene, furia che va, Pip - così è la vita!"

"E allora cerca di capire una volta per tutte che io non starò mai bene, non potrò mai stare bene, potrò solo star male - adesso lo sai! - a meno che non riesca a vivere una vita molto diversa da quella di adesso"

"Ma una mente sconquassata ha bisogno di molto tempo per rimettersi insieme; e spesso, prima di aver risistemato tutti i pezzi, un pensiero vagante li disperdeva in ogni direzione"

"Sa Dio che non dovremmo mai vergognarci delle nostre lacrime, poichè sono pioggia sull'accecante polvere della terra che ci ricopre il cuore indurito".

"Ti dirò, disse,...cos'è il vero amore. E' devozione cieca, silenziosa umiliazione, sottomissione totale, fede assoluta contro se stessi e il mondo intero, abbandono del proprio cuore e della propria anima all'aguzzino"


"Avvilito e inquieto, a lungo fiducioso che l'indomani o la settimana successiva chiarissero la mia condizione, e a lungo deluso"

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