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Copertina di "La marcia fatale" di Adam Zamoyski. |
Titolo: Marcia Fatale.
Sottotitolo: 1812, Napoleone in Russia.
Titolo originale: 1812. Napoleon’s Fatal March on Moscow
Autore: Adam Zamoyski (traduzione di Davide Panzieri).
Casa Editrice: Utet.
Pagine: 574 pagine
Edizione: I edizione, novembre 2013.
Prezzo: 20€, e-book compreso (così c’è scritto in copertina,
non ho provato ad averlo)
Una premessa è doverosa; mi ero ripromesso di utilizzare la “rubrica”
“All’Hotel de Rambouillet” per aprire in questo blog una finestra letteraria,
che potesse anche essere non collegata direttamente al mondo della corsa.
Questo per due motivi, uno per mantenere fede al sottotitolo del blog “correre
e pensare a 190 bpm”; dal momento che la lettura è il combustibile del
pensiero, mi pare giusto riportare le letture che mi nutrono e mi infondono
nuovi pensieri e sentimenti. Il secondo motivo è che, se negli ultimi mesi si è
verificato in me una sorta di rinascimento culturale, lo devo in buona parte
anche alla corsa e al modo in cui essa ha modificato la mia quotidianità.
Ma veniamo a noi.
Credevo di avere solamente acquistato un interessante saggio
storico, invece mi sono ritrovato tra le mani un libro rivelatore. Non sono più
un ragazzino suscettibile, un po’ di libri li ho letti, eppure questo saggio
storico si è rivelato inaspettatamente uno di quei libri che ti segnano,
stimolano la riflessione ed arricchiscono il tuo bagaglio.
Prendendo a prestito una di quelle lusinghiere critiche
riportate sui quarti di copertina, ribadisco e confermo che “ Marcia Fatale è
uno di quei rari libri di Storia che si leggono col fiato sospeso dalla prima
all’ultima pagina”. La lettura risulta facile e scorrevole, mai nozionistica o
noiosa
L’autore ripercorre, avvalendosi di molteplici documenti, la
tragedia della napoleonica campagna di Russia, consumatasi tra il Giugno 1812 e
il Dicembre di quello stesso anno e della sua scia di sangue che si arrestò
solo nella primavera del 1813.
L’incapacità di afferrare appieno una tragedia numericamente
espressa da un milione di soldati morti tra ambo gli schieramenti, viene controbilanciata
dalla proposta di una amplissima serie di frammenti di lettere di soldati,
bollettini ufficiali e diari personali dei protagonisti. Più aumentava
l’ingrandimento della lente e più mi venivano presentate in modo intatto le
memorie accorate di quel o quell'altro soldato oppresso dal gelo e dalla fame,
più riuscivo ad afferrare il dramma. In quei mesi in Russia le vita di un uomo
valeva come quella di un filo d’erba, si cadeva veramente come cadono le foglie
in autunno, spesso la dipartita non era meno dolorosa del sopravvivere, spesso
la morte non era neppure dignitosa. L’avanzata per i francesi e per i loro
alleati, non fu meno disastrosa della ritirata, in entrambi i casi la fame, la
sete e il clima decimarono gli uomini più che le battaglie. Polvere, caldo,
sete, diarrea all’andata. Ghiaccio, gelo e terrore al ritorno. In entrambi i
casi morte, angoscia e tanta tanta fame.
-+la+Grande+Armata+nella+tormenta+(1896-1897).jpg) |
La Grande Armata nella tormenta (1896-1897) - Vasily Vereschagin (1842-1904)
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In tutto ciò è sempre presente il daimon di Napoleone, e la
sua consacrazione a mito.
L’invincibile
condottiero, il semidio decade, sopraffatto dal destino, dalla tracotanza e
dalla cecità tipica di un vero uomo. La sua sconfitta tese ad ingrandire ciò
che l’imperatore dei francesi fece in passato e ciò che avrebbe potuto fare se
lo zar Alessandro non si fosse frapposto e lo elevò al grado di mito. Zamoyski
scrive “ nel teatro greco classico l’eroe esiste solo nel genere della
tragedia, che fa apparire gli uomini più grandi di quanto siano e innalza la
statua di figure che non sono necessariamente virtuose o attraenti. Quanto più
l’azione è tragica, quanto le prove cui è sottoposto sono terribili, tanto più
grande appare l’eroe”.
La campagna di Russia segnò il declino di Napoleone e la
fine della supremazia francese in Europa. Le cause furono molteplici: un
esercito abnorme, un condottiero meno brillante del solito che conseguì
vittorie mai decisive e sempre dolorose tanto per i vincitori quanto per i
vinti, una marcia che attraversava lande desolate e poverissime, le cui uniche
risorse erano state già strappate dall’esercito russo in ritirata, la tattica
involontariamente imperscrutabile dell’esercito russo, la scarsa lungimiranza
dei generali francesi nelle scelte dei tempi e degli equipaggiamenti, infine un
clima spietato.
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Fire of Moscow - Viktor Mazurovsky (1859–1923) |
Marcia Fatale è un libro che mi ha aperto a tante
riflessioni sulla natura umana. E’ incredibile quanto sia sottile il confine
tra genialità e pazzia e quanto la grandezza possa mettere in secondo piano la
criminalità. E’ incredibile fino a che punto un essere umano sia in grado di
soffrire nel corpo e nell’anima. Leggere questo libro mette in seria
discussione le priorità di oggi, le afflizioni, le frustrazioni e le infelicità
odierne rischiano di essere ricollocate su una scala di misura diversa.
Basta voltarsi indietro di poco più di 200 anni, circa
cinque generazioni, per riconsiderare ciò che eravamo e ciò che siamo.
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Il maresciallo Ney in ritirata in Russia - Adolphe Yvon (1817-1893) |