lunedì 31 ottobre 2016

W IL CICLISMO AMATORIALE





Mi svesto per un momento dei panni attuali per indossare quelli del ciclista che ero. Il mondo del ciclismo amatoriale in questi giorni è scosso in modo evidente da un paio di clamorosi casi di doping.
Non voglio e non mi interessa entrare nello specifico, credo che i nomi siano stati e saranno ripetuti a sufficienza. Voglio solo scrivere un paio di miei pensieri, forse un po' controcorrente.

Gli appassionati si indignano, qualcuno ripropone la vecchia idea di togliere le classifiche, mettendo al bando, de facto,  le competizioni ciclistiche amatoriali. C'è chi parla di falliti del pedale, c'è chi inizia a tracciare confini; da una parte  i veri e genuini cicloamatori e dall'altra gli esaltati della competizione composti da ex agonisti in disgrazia, finti amatori travestiti da professionisti, operai che cercano il loro riscatto sul sellino della bici, illusi cercatori di gloria.
Sbolliamo un momento i rancori, liberiamo il cuore dai sentimenti e proviamo a ragionare con mente fredda.
Anzitutto, non credo vi sia un modo "giusto" di fare qualcosa, e quindi nemmeno un modo "giusto" di fare ciclismo, al massimo uno opportuno o meno.  Nei limiti del non danneggiare la libertà altrui, uno può vivere il proprio sport come meglio crede. Quindi, basta crociate contro quella o quell'altra categoria di ciclisti. 
Lo spazio per tutti c'è, solo che al momento è un open space  dove tutti camminano a vanvera e si scontrano tra di loro.
Il ciclismo, in Italia, è uno dei pochi sport che prevede una netta distinzione tra categorie giovanili, professionistiche e amatoriali. Semplificando, se a 23 anni non sei professionista hai di fronte a te una infinità di modi con cui vivere la tua passione per la bici ma, in pratica, un unico tipo di categoria a cui appartenere. L'amatore.  Non sarebbe giusto creare diverse  tipologie di tesseramento?
E  magari, per chi ama gareggiare, prevedere categorie per merito e non per età? Io inizierei a creare delle stanze nel suddetto open space.
Inutile, poi, scandalizzarsi di fronte ai bari. Le persone che attaccano il numero alla domenica sono le stesse che ci ritroviamo di fronte nella vita reale. Allora, quanti esempi di maleducazione, prevaricazione e violazione delle regole si incontrano ogni giorno? Perché l'ambiente dello sport dovrebbe essere diverso dal resto? Quindi scandalizziamoci per i malesseri della società e non solo per quelli del ciclismo. Soluzioni facili e a breve termine non ve ne sono, al massimo si possono cercare deterrenti. Non è insomma il ciclismo il problema, è la società.
Un'altra cosa; non banalizziamo sempre tutto dicendo che gli amatori sono malati perché si scannano per una bottiglia di salsa. A parte che ognuno vive e lotta per ciò che può e poi, non fa parte del vero spirito olimpico la premiazione simbolica? Agli atleti vincitori del passato non veniva posta sul capo una povera ed  inutile corona d'alloro?
Ovvio, l'ambizione, come qualsiasi passione, può far nascere negli uomini gesti nobili oppure meschini; eppure ha senso togliere la possibilità di far vivere passioni solo perché possono portare a cattive azioni?.
Ha senso eliminare le gare? Il medico per sconfiggere la malattia che fa? Uccide il paziente?
Allora, se questa è la soluzione, rinchiudiamoci nelle nostre stanze e saremo sicuri che non commetteremo più nulla di male...se non  contro noi stessi
Gli amatori non sono una piaga, gli amatori possono essere una risorsa. Sono loro che comprano le bici e tutto il resto ( e sono convinto che senza più gare il mercato ne risentirebbe), sono loro  (ovviamente non solo loro) che contribuiscono a diffondere la cultura ciclistica e l'interesse per il ciclismo.
Mi sta anche bene, al limite,che vengano trattati solo come vacche da mungere, purché siano almeno ben munte e il latte non venga rovesciato per terra.  

    

3 commenti:

  1. d'accordo soprattutto per la parte riguardante le categorie di merito e non di età.

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  2. Ciao Elia sono Paolino e ho scoperto ora che hai creato questo blog. Ho letto un po' in giro le tue interessanti riflessioni finchè sono incappatto in questa considerazione sul ciclismo amatoriale. L' unica cosa che non metti in evidenza è che molti ciclisti che gravitano nel campo amatoriale , amatori non sono. Questa categoria di ciclisti fanno gli amatori di professione e sono stipendiati per fare questo. E' ovvio che chi paga pretende prestazioni di livello e di conseguenza molti , per fortuna non tutti, ricorrono ad espedienti di varia natura per migliorare la prestazione stessa. Quindi per me non sono necessarie categorie di merito, ma bisogna dirottare gli sponsor dal ciclismo amatoriale a quello giovanile o prfessionistico. Vorrei farti notare che in Italia non esiste piu' nessuna squadra pro tour.....e che nel ciclismo giovanile non esistono fondi ( i ragazzi si devono comprare le biciclette...) eppure gli sponsonr continuano a "investire" nel ciclismo pseudoamatoriale. A me, poi, fanno sorridere quelle interviste che si leggono sulle riviste di settore ai vincitori delle granfondo: " purtroppo ho poco tempo per allenarmi...e bla bla bla..." poi vai a vedere su Strava e quello che fa meno fa 30000 km in un anno, che occhio croce sono 80 Km al giorno......Per fare 80 Km di media tutti i santi giorni vuol dire averci la giornata libera e che quindi il tuo unico mestiere è il ciclismo. Vorrei ricordarti anche delle celebrità del ciclismo amatoriale tipo Rumsas , secondo te tipi del genere correvano o corrono solo per la gloria o per la borsina di plastica ? No questi corrono solo ed unicamente perchè c'è qualcuno che li stipendia per il ritorno di immagine ( bel ritorno dico io...). Poi è ovvio come dici tu che il male non è insito nel ciclismo ma è la società stessa , oggi piu' che mai, ad avere grossi problemi.
    Ciao Elia ci si vede....

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    1. Ciao Paolo. Che piacere.
      Per quanto riguarda il "dirottare sponsor" secondo me il problema non sussiste per 2 motivi. 1)gli sforzi economici che le aziende fanno per farsi pubblicità attraverso il ciclismo amatoriale non sarebbero nemmeno sufficienti nel ciclismo professionistico e in molti casi anche nel ciclismo giovanile. 2) purtroppo se il ciclismo professionistico o giovanile non offrono abbastanza visibilità non credo sia colpa tua o dei tanti che formano il movimento amatoriale. Le aziende sono libere di "investire" dove vogliono. Ripeto è il mercato e il mercato spesso non è fatto di buone intenzioni ma di interessi.
      Sulle categorie di merito direi: bene, passi le tue giornate a pedalare? Perchè quindi, invece che confrontarti con il Paolo della situazione non vai a correre contro gli elite (per esempio). Magari quando il traguardo lo vedrai raramente allora non avrai nemmeno più chi ti mantiene. Non sei d'accordo?

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