Sullo sport ed in particolare sulla corsa esistono una serie
di aforismi, citazioni e banalità davvero idiote, ma sopratutto false. Il loro
obiettivo è spesso quello di motivare lo sportivo, di incitarlo ed esaltarlo; a
me provocano quasi sempre voltastomaco ed un certo malumore. Per essere sinceri,
dichiaro la mia avversione, no anzi il mio odio, verso questi tipi di messaggi
poiché, pur essendo decontestualizzati e
non argomentati pretendono di esprimere giudizi netti e verità assolute. Tutto ciò finisce per essere quanto di più lontano dalla
realtà. Mi dichiaro, infatti, relativista poiché niente per me è assoluto.
Potrei prendere in considerazione tantissimi luoghi comuni,
ma ho deciso di riflettere su uno di quelli che considero tra i meno banali.
Quante volte, avete sentito o avete ripetuto a voi stessi
che la vera gara non è contro gli altri ma contro voi stessi? Immagino diverse.
E magari avete pure pensato che questo sia un pensiero giusto, insomma il modo
corretto con cui vivere uno sport. Confesso che anche a me è capitato e capita.
Voglio, tuttavia, mettere in discussione questo pensiero, o meglio, voglio
mettere in discussione l'idea che sia opportuno avere un tale atteggiamento
verso lo sport. Tenterò di dimostrare la sua negatività in tre punti.
1° punto: vorrei ma non posso.
Il 99% degli sportivi dichiara di gareggiare in primis
contro se stesso perché in realtà non può gareggiare contro gli altri, o almeno
sarebbe poco motivante, se non edificante, o avrebbe poco senso. Se l'anno scorso in una maratona
sono arrivato 3542° magari decido di correrla nuovamente quest'anno per
migliorarmi; ma prepararsi per una maratona è faticoso e non so quante
motivazioni possa fornire l'obiettivo di arrivare, che ne so 3487°; molto
meglio decidere di migliorare il proprio record personale; suona meglio, no?.
Siamo tutti talmente scarsi che preferiamo correre contro noi stessi, piuttosto
che contro il Sig. Rossi, che ha il negozio di ferramenta qui a fianco e che, forse,
è ancora più scarso di noi. Eppure i campioni dello sport quasi mai gareggiano
per migliorare loro stessi, ma lo fanno per arrivare primi. L'obiettivo di
Usain Bolt è quello di essere il numero uno, questa stessa estate è stato
giustamente osannato ed è diventato ancor più un mito a seguito dei successi
olimpici, eppure sono 7 anni che non supera se stesso nei 100m. Quindi, riassumendo, il punto è: io sono il
vero avversario di me stesso, o sono solo l'unico avversario possibile?
2° punto: la scissione dell'Io.
Se io sono l'avversario di me stesso, allora è evidente che
ci siano 2 soggetti antagonisti; ciò che ero contrapposto a ciò che sono o ciò
che sono contrapposto a ciò che vorrei essere. Fa bene questa cosa? E'
salutare? Insomma... dipende da quanto questo duello diventi fondamentale per
noi. Il guaio nasce quando il me stesso viene a tal punto idealizzato da
diventare irraggiungibile, da essere irrealistico. Vi ricordo il tale che
mirava rapito la sua immagine riflessa nello specchio d'acqua. Non ha fatto una
bella fine.
Se gareggio invece contro un avversario ben definito non c'è
questa separazione dell'Io, al massimo vorrei essere lui, tuttavia, almeno in
questo caso, la distanza tra noi e l'altro c'è, è reale e ben marcata; non così
labile come tra i miei vari Io.
3° punto:
l'irraggiungibilità del limite.
Lucrezio, nel De rerum natura
argomentava la tesi dell'infinità dell'universo con un esempio. Se un arciere
si ponesse ai confini dell'universo e scagliasse la sua freccia questa
continuerebbe la sua corsa anche oltre
il supposto limite poiché il nulla, proprio per sua natura, non potrà esserle di
ostacolo. Una volta che la freccia sarà ricaduta, nulla vieterà all'arciere di
raccoglierla e scagliarla nuovamente, così da spostare ulteriormente l'idea del
limite. La stessa cosa può accadere con i propri record, non si può sapere
quale sarà l'ultimo e definitivo. Ciò rischia di sfociare in una ossessione .
Quando sarà mai abbastanza? Quanto sarà mai sufficiente?
Quando invece si corre contro degli avversari in carne ed
ossa, si sa per certo che una volta superato quello che si trova in prima
posizione, la vittoria andrà a noi. Riprendendo l'esempio di Bolt, a Rio gli è
stato sufficiente arrivare prima di Justin Gatlin per riconfermarsi campione
olimpico; è stato sicuramente efficiente, non vi è stato spreco di energie
inutili.
Concludendo, secondo me, correre contro gli altri è più sano
che correre contro di noi.
Se ho scritto cavolate, perdonatemi. A mia giustificazione, in verità, posso dire che l'inattività causata dalla pubalgia mi sta rendendo nervoso ed
irritante.
il correre contro sé stesso - e formule simili - l'ho sempre interpretato come incoraggiamento a trovare una motivazione interna, e non a fare il PB ad ogni gara.
RispondiEliminadetto altrimenti, in certe attività, la tesi é che si possa mantenere la motivazione piu' a lungo e/o a livelli piu' alti se si insegue un risultato per una soddisfazione "interna" (corro perché mi piace) e non esterna (corro per vincere un premio).
bel blog
maxmagnus
Grazie. Penso che trovare piacere in ciò che si fa debba essere alla base di qualsiasi passione.
EliminaQuindi correre per il piacere di correre credo che debba essere comunque alla base.
Correre per vincere, cosa?
RispondiEliminaVincere la sagra della pastasciutta sotto casa allora rischi di allenarti due volte a settimana perché tanto ci vanno i sedentari.
Vincere una olimpiade allora rischi di allenarti al massimo e poi confrontare i tempi con gli altri e... "mi sono allenato al massimo delle mie capacità, ma sono lontano ancora 15 minuti dal record 10 km. Non ce la farò mai!".
Quindi per me, la prima non ti fa impegnare, la seconda ti fa impegnare al massimo con false illusioni.
Invece, banalmente, uno può pensare di migliorare un passo alla volta. Poi se confronti i risultati dell'anno vedi che magari pensando a battere "solo" te stesso hai fatto un PB.
Invece il tuo rivale, o quella persona a cui vuoi sottrarre la vittoria ha vinto anche sta volta, ma peggiora ogni anno.
Chi dei due sta facendo meglio?
Non lo so, ma probabilmente succederà che questo campione, peggiorando ogni anno, poi arriverà al punto da arrivare secondo, poi terzo, quarto.. e alla fine si ritirerà.
Invece uno che continua a pensare solo a se stesso un passo alla volta può continuare nel tempo.
Pensa alla situazione italiana. Da allievi fanno record su record a livello internazionale, da junior già sono classificati in doppia cifra, da promesse a metà classifica, da senior si ritirano.
Meglio invece chi rimane da metà classifica per sempre, ma migliorando ogni volta e continuando.
Poi vabbeh, tutto è relativo e dipende anche dai propri gusti.