Titolo: "Unbroken"
Autore: Laura Hillenbrand
Casa Editrice: Mondadori
Edizione: 2 Dicembre 2014
Pagine: 464
Prezzo: € 9,99 ( versione digitale per dispositivi iOS con
iBooks 1.3.1)
Consiglio: La prima edizione di questo libro è stata
pubblicata nel 2012 da Mondadori con il titolo "Sono ancora un uomo".
Volendo leggere la versione cartacea ho aspettato 2 mesi perchè la libreria
Mondadori di Piacenza non riusciva a trovare il libro, e ci credo, nel
frattempo era stato ristampato con un titolo diverso...
Leggere è un modo per assaggiare vite diverse dalle nostre,
per vivere in luoghi e tempi diversi dagli attuali.
Una biografia poi, se scritta con onestà e senza ricorrere
ad aggiunte romanzate, può aprire nuove finestre e farci vedere il mondo da
angolazioni non considerate prima.
Io , se non fossi così ossessivamente preso da me stesso, da
un libro come "Unbroken" e da un uomo come Louis Zamperini avrei
tanto, ma tanto tanto da imparare e sui cui riflettere.
Prima di parlare del libro, voglio ribadire che lo consiglio
e lo "stra" consiglio e sicuramente chi ha la passione per la corsa e
lo sport lo potrà apprezzare ancora di più.
Unbroken è la biografia di Louis "Louie" Zamperini
nata dalla penna di Laura Hillenbrand, la quale ha avuto la possibilità di
scavare nella vita di Louie per sette anni attraverso settantacinque interviste
e migliaia di domande. Lo stesso Zamperini disse "Quando voglio sapere
cosa mi è successo in Giappone, telefono a Laura".
Giusto per contestualizzare, Louis Zamperini, morto nel
recente 2014, nacque nello stato di New York nel 1917 da genitori italiani
(semo er mejo).
"E poi c'era il
fattore etnico. Nei primi anni Venti gli italiani a Torrance erano così
disprezzati che quando gli Zamperini arrivarono in città, i vicini presentarono
una petizione al comune perchè venissero allontanati"
Giovane e talentuoso "miler" partecipò alle
Olimpiadi di Berlino 1936 nei 5000m piani.
"Detestava
correre, ma gli applausi erano inebrianti e la prospettiva di averne altri fu
un incentivo sufficiente perchè diventasse relativamente accondiscendente"
Stava coltivando duramente il sogno di correre nei 1.500m
nei giochi olimpici successivi quando il secondo conflitto mondiale travolse
l'umanità e lo costrinse ad abbandonare le scarpette chiodate e ad arruolarsi come
puntatore tra le file degli "Air Corps". Nel 1942 il suo B24 precipita
mentre era impegnato nella ricerca di un
aereo disperso nello sconfinatoo scacchiere del Pacifico. Da quel momento in
poi, come dice il sottotitolo del libro, sarà "Sopravvivenza, Resistenza,
Riscatto".
Come al solito non aggiungo altro, l'eventuale piacere della
lettura e della scoperta non può essere negato. La rete scoppia di recensioni e
riassunti di questo libro, dal quale tra l'altro è stato tratto anche il film.
Propongo una citazione che credo sia il punto nodale di
questo libro:
"Forse la differenza era di ordine biologico: è
possibile che alcuni individui siano programmati per l'ottimismo e altri per il
dubbio....Forse le rispettive storie personali avevano determinato nei tre sul
canotto diverse e contrastanti convinzioni sulle proprie capacità di superare
le avversità"
Sopratutto la prima frase mi ha fatto
riflettere e la ritengo una grande verità, c'è gente che ha un così forte attaccamento e amore per la vita che è spinta naturalmente verso l'ottimismo. Io temo di essere stato programmato per il
dubbio; non credo però sia di per se una caratteristica necessariamente
negativa. Se si è dubbiosi vuol dire che sì è anche abbastanza intelligenti per capire che la
realtà è talmente complessa che prendere
fermamente una posizione, o guardare in una sola direzione equivale ad un atto di supponenza e di disonestà intellettuale.Tuttavia, ecco qui
il punto, l'ottimista non è detto abbia ragione, però preferisce voltare lo
sguardo alla vetta della montagna e non al dirupo. Le probabilità di sopravvivenza dovrebbero
teoricamente essere le stesse, però sicuramente la mente di chi guarda la vetta
sorriderà e se poi è vero che fisico e spirito sono un tutt'uno, allora anche il resto del corpo
ringrazierà.
Ancora una volta mi si propone un quesito: meglio ingannarsi e vivere felicemente o sforzarsi di cercare la verità per rischiare di vivere nella disperazione? E' importante solo il fine o anche il mezzo?
domande facili facili eh... :)
RispondiEliminapropongo un finale ottimista del libro: il canotto approda in un atollo del pacifico dotato di migliaia di ragazze polinesiane dai costumi, per così dire, privi di tabù e il nostro eroe fa 56 figli con 34 di loro.
in alternativa, un finale tragggico: la moglie americana lo becca e se lo riporta in patria :)
E fare 56 figli me lo chiami un finale ottimista???
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