Avevo già pronto un altro articolo ma questo deve avere la
precedenza.
Regolarmente rimbalzano sul web video, per lo più di maratone, in cui un concorrente crolla a
terra.
Le reazioni degli altri atleti, qualunque esse siano,
generano sempre una moltitudine di commenti.
Non vorrei nemmeno commentare a lungo quelle scene patetiche
in cui l’atleta in posizione di rincalzo entra nei panni del Cirenaico e assume
su di sé il peso del malcapitato e lo trascina eroicamente fino al traguardo.
Scene targate “stars and stripes”, meritevoli di essere
immortalate in una statua come quella postata che commemora la battaglia
di Iwo Jima.
Il discorso è semplice. Vi sono 2 casi ed una variante.
Iniziamo con il caso dell’amatore colto da malore, qui,
inutile dirlo, il mutuo soccorso degli altri concorrenti non lo definirei
nemmeno un atto di merito, è semplicemente un dovere, un gesto di umanità. In
questi contesti è probabile che il personale medico e lo staff dell’organizzazione
non siano nei paraggi; destare l’attenzione sul problema e fare il possibile
per tamponare la situazione è d’obbligo.
Già diversa è la variante in cui si trascina di peso il
corpo di qualcun altro al traguardo. Se vi sono problemi seri è meglio rimanere
lì dove si è e invocare i soccorsi. Se il problema non è serio, allora la
persona raggiungerà da sola il traguardo o si ritirerà con buona pace del il tempo
e del risultato. Come ho sentito dire da Mauro Corona “nella vita solo una cosa
si fa in due, tutto il resto lo si deve fare da soli”. Ciò che si discosta da
queste linee di condotta lo reputo esibizionismo, il vanitas vanitatum sportivo.
Vi è poi il secondo caso, questo riguarda le manifestazioni
elite, o la competizione tra i top runners. Questi sono sempre scortati dal
personale dell’organizzazione e, giustamente, l’attenzione è puntata su di
loro.
Entro nello specifico e analizzo un caso concreto e fresco
fresco, ossia il collasso dello scozzese Hawkins durante i giochi del
Commonwealth.
https://www.atleticalive.it/53268/raccapricciante-ai-giochi-collassa-il-leader-durante-la-maratona-e-stramazza-a-terra-nessuno-lo-soccorre-per-15-minuti/
Ora, anzitutto alcune premesse:
questi sono atleti che vivono di ciò che producono, ossia
risultati sportivi; l’organizzazione è tutta per loro; il loro numero non è mai
eccessivo, proprio fornire un’adeguata assistenza a tutti, oltre che per
garantire una gara qualitativamente elevata, che possa essere all'altezza della
manifestazione.
Cosa avrebbe dovuto fare l’australiano Michael
Shelley (allora in seconda posizione)? Avrebbe dovuto fermarsi?
Per fare che?
Non è di certo un medico, non aveva con sé nulla di utile, nemmeno un sorso d’acqua. Quindi, nessuna competenza e nessun
aiuto materiale, magari un aiuto morale, un po’ poco.
Bene, c’è comunque chi pensa che avrebbe dovuto fermarsi. E
il terzo, come si sarebbe dovuto comportare? Fermarsi, ovvio, diversamente si è
sleali. E il quarto? Il quinto? Il sesto?
Vedete come l’attacco
al supposto menefreghismo dell’australiano sia del tutto irrazionale?
Le gare elite sono questo, c’è chi vince e chi insegue, c’è
chi è costretto al ritiro e c’è chi invece nemmeno si può presentare ai nastri
di partenza a causa di infortuni patiti durante la preparazione. In quest’ultimo
caso cosa si dovrebbe fare? Ritirarsi tutti per solidarietà?
C’è una organizzazione che ha il compito, le possibilità e,
si spera, le capacità di portare aiuto; in quel punto vi erano anche spettatori
(non sappiamo se stessero comunicando con l’atleta); quando è passato l’australiano
c’erano già sul posto le motostaffette e il personale di servizio; l’unica cosa
sensata che questo poteva fare, e che ha fatto, era proseguire nella sua gara.
Io non so se vi siano
stati ritardi nei soccorsi, da quel che posso veder qualcuno dello staff si
avvicina a Hawkins appena un minuto dopo che egli stramazza al suolo (non 15
minuti dopo come dice il titolo dell’articolo postato); certo non so quando sono arrivati i
primi veri soccorsi da parte del personale medico però di certo non si possono
incolpare gli altri concorrenti. L’australiano Michael
Shelley ha vinto e lo ha fatto con
merito.
Sono d'accordissimo con te.
RispondiEliminaAggiungo che se Shelley si fosse fermato avrebbe creato solo confusione. In una gara professionistica già è previsto l'intervento del personale medico e paramedico. Non stiamo parlando della gara di paese.
Per la cronaca Hawkins dovrebbe essere stato vittima di una banale colpo di calore. Molto disagiante ma non pericoloso se si interviene tempestivamente, come è stato fatto.
Invece, come vedi una situazione tipo quella di Atene 2004 in cui uno spettatore placca il primo in testa? In quel caso probabilmente avrebbe perso comunque, ma mettiamo caso che fosse successa a 100 metri dalla fine?
RispondiEliminaIl caso ipotetico che proponi è abbastanza diverso da quello di cui ho parlato poichè in quel caso il "crollo" dell'atleta sarebbe causato da un evento esterno, senza il quale l'atleta avrebbe vinto. In quel caso aiutarlo e concedergli la vittoria diventa un bel gesto di altruismo, ma ció è demandato alla moralità dell'avversario e la morale è un terreno alquanto franoso. In ogni caso, se anche non gli concedesse la vittoria, non ruberebbe niente a nessuno. Il caso governa ovunque e sul piano teorico essere abbattuto da un folle a 100m dal traguardo non è molto diverso che fare un incidente stradale 3 mesi prima della gara.
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